Ed ecco altre due esperienze dei partecipanti al viaggio missionario in Guinea Bissau di quest’anno!
“Il mio Viaggio Missionario non inizia il 4 agosto, giorno della partenza, ma molto prima dal momento in cui ho dato la mia adesione alla presenza nella missione ho iniziato ad attivarmi nella raccolta di soldi per comprare medicine e materiali scolastico da portare lì. Devo dire che ho avuto un bel riscontro da tutti i miei amici che mi hanno aiutato, donandomi qualcosa e organizzando loro stessi delle raccolte tra i loro amici. Ormai lo sapevano anche i muri che andavo in Africa e stavo organizzando una raccolta perché ci tenevo veramente tanto a portare un po’ di sostegno e sono anche molto soddisfatta di quello che sono riuscita a raccogliere. Quando raccontavo della mia partecipazione ad un Viaggio Missionario in Guniea le reazioni erano due: o mi prendevano per pazza dicendomi “ma vai a farti una vacanza che vai a fare li”o mi prendevano per super eroe “la ragazza che si sacrifica per andare ad aiutare chi ne ha bisogno”. Io sinceramente non mi sono mai sentita né una pazza né un super eroe ma solo una ragazza che voleva fare questa esperienza, il mio desiderio era quello di poter andare lì e portare il mio sostegno. Il mio desiderio più grande era quello di poter giocare con i bambini, avrò chiesto a Padre Adriano più di una volta ma dove andiamo ci sono i bambini? E lui mi rispondeva non ti preoccupare Sara i bambini ci sono ad ogni missione e saranno loro a cercare te e non te a cercare loro e infatti poi cosi è stato.
Il nostro gruppo era formato da ragazzi proveniente da tutta Italia centro nord e sud e da un gruppo di spagnoli. Tutti uniti dalla stessa voglia di vivere al pieno questa esperienza che il Signore ci ha donato. Appena arrivati siamo stati tutti insieme a Ndame per due giorni per poi dividerci in 3 gruppi e iniziare le nostra missione. Il primo impatto con l’Africa è stato a dir poco fantastico, molto difficile da descrivere, però li respiravo un’aria serena, una tranquillità surreale. Nella vita ho avuto la fortuna di fare molti viaggi ma quello che ho provato lì non mi era mai capitato , fin dal primo momento mi sono sentita a casa mia, e sembra assurdo dirlo perché la nostra cultura è completamente differente da quella africana ma mi sono subita sentita una di “loro”.
La prima tappa della missione del mio gruppo è stata a Cacine insieme a Padre Carlo e Padre Daniel, per arrivare alla casa di Cacine la strada o meglio la pista non è per nulla agevole però nel tragitto si può ammirare la bellezza della natura. La casa dei Missionari a Cacine è uno splendore, semplice ma ben curata e molto accogliente, rispecchia molto la personalità di Padre Carlo che ci ha messo subito a nostro agio e ci ha affiancato in questa nostra prima esperienza. Il nostro compito era quello di fare animazione con i bambini e preparargli la merenda, per me era la prima volta che facevo un’esperienza del genere ed ero emozionata proprio come una bambina non vedevo l’ora che arrivasse il momento di giocare con loro, questo momento che ho sognato per mesi con mille aspettative ma posso felicemente dire che questa volta la realtà ha superato di gran lunga le aspettative. È stato un momento semplicemente magico per me, dopo i primi momenti di imbarazzo è stato un attimo e tutti i bambini si sono avvicinati ed è bastato prendere il cellulare e fare un video per creare un atmosfera di festa con tutti loro vicino che mi abbracciavano e mi prendevano le mani osservando la mia pelle bianca e piena di nei. Forse detta così può sembrare banale ma vi garantisco che la felicità vissuta in quel momento è stata tanta e indescrivibile.
Anche per i bambini di Cacine era la prima volta che veniva organizzata un animazione pomeridiana, loro erano molto felici di venire lì e giocare, la loro disciplina e il loro rispetto i primi giorni mi hanno sorpreso poi anche loro si sono subito calati nel gioco e nella voglia di vincere e hanno tirato fuori la loro competitività e il tifo per la loro squadra. Era bello vedere arrivare i bambini tutti con il foulard che gli abbiamo consegnato il primo giorno per dividerli nelle varie squadre, i bambini più grandi venivano con i fratelli piccoli dietro le spalle . In totale erano circa 160 e arrivavano soli, finiti i giochi e finita la merenda sparivano tutti in un attimo. E le mie prime riflessioni erano, ma le mamme dove sono? I bambini che venivano erano molto piccoli e quando dico che il fratello più grande portava dietro la schiena il fratello piccolo intendo dire che quello più grande avrà avuto 6 anni. Ma lì è tutto diverso, da quando inizi a camminare e a mangiar da solo già sei grande, noi italiani il più delle volte siamo super protetti dai nostri genitori fino a tarda… tardissima età !!!
I giorni a Cacine sono volati e staccarci da lì non è stato facile però ero anche curiosa di andare a scoprire la realtà delle altre missioni. Cosi da Cacine con i miei 5 compagni siamo andati a Bissau, ospiti di Padre Giancarlo, il nostro compito era quello di integrarci con l’animazione del posto e passare il pomeriggio con i bambini. La realtà di Bissau era differente, perché comunque stavamo in città e l’atmosfera di una città è più frenetica e organizzata di quella dei villaggi e poi perchè lì i bambini già erano organizzati con l’animazione, infatti, il primo pomeriggio quando siamo arrivati ci hanno accolto cantando. Anche quello è stato un momento molto emozionate è stata veramente una bella accoglienza.
Da Bissau poi siamo andati a visitare la Missione di Farim, e devo ringraziare Padre Adriano per aver dato a me e a Beatrice la possibilità di rimanere due giorni lì e vedere in piena attività il Centro Nutrizionale di Casa Emanuele. Il centro Nutrizionale è nato grazie a Maria Grazia e io ci tenevo particolarmente a vederlo in piena attività visto che è stata lei a mettermi in contatto con i Missionari Oblati. In quei giorni a Farim ho assistito alle giornate di visite gratuite organizzate dai Missionari Oblati di Maria Immacolata ed è stato un orgoglio per me essere parte di un’organizzazione che ha realizzato questo grande progetto visitando al giorno fino a mille persone.
Che dire questo viaggio è stato speciale e unico nel suo genere mi ha regalato tante belle emozioni e mi ha dato modo di conoscere tante persone speciali con cui ho stretto delle belle amicizie.
È proprio vero l ‘AFRICA rimane nel cuore i colori e gli odori che si respirano lì non si troveranno mai altrove e soprattutto non si dimenticheranno mai un bel ricordo che rimane e il solo pensarci ti fa venire un sorriso spontaneo come quando sei innamorato e pensi al tuo amore.
Ringrazio il Signore e i Missionari Oblati di Maria Immacolata per avermi dato la possibilità di vivere questa esperienza.
In questo viaggio ho avuto modo di sperimentare sulla mia pelle che fare del bene ti fa veramente sentire bene!!!!” (Sara)
La notte scorsa avevo ben chiaro ciò che desideravo trasmettere attraverso questa testimonianza e ho preso alcuni appunti per non dimenticarmi… ma con la luce del nuovo giorno cambia tutto! Non si vedono le cose allo stesso modo di quando stai nella penombra, sola, con i tuoi pensieri. La luce del giorno ti permette di vedere cose che durante la notte non si percepiscono e fanno sì che cambi la tua prospettiva.
Perché dico questo? Perché così mi sentivo prima di andare in missione, cercando nella penombra il cammino migliore per affrontare la vita. Ma durante quei giorni ho pian piano scoperto la luce del giorno… la luce di Dio. E così inizia la mia esperienza.
Cosa significa essere missionario? Se non lo hai vissuto, ovviamente, ciò che le persone credono e che mi hanno chiesto è “hai avuto fame? Hai preso qualche malattia? Dove hai dormito? È difficile? Quanto ti ammiro! Che coraggio!”… ma quanto sono lontani dalla realtà questi “stereotipi”, soprattutto quando si parla di Africa. Pensiamo che incontreremo sofferenza, tristezza… invece io ho incontrato un mondo più vicino a Dio di quello da cui provenivo.
Appena atterrati, una ventata di calore, mescolata con l’umidità e una pioggia fresca che ci ha accompagnato durante tutta la missione. È stata la maniere con la quale Dio ci ha dato il benvenuto, qui vieni ad “ascoltare”, stai attenta, respingi tutto quello che può sviarti dal tuo cammino missionario e comincia ad andare per questa terra umida, immergiti nel suo costante sorriso, la sua amabilità, lo sforzo per capirsi, la sua generosità per nutrirci, le zanzariere per stare protetti…
Il primo giorno ti spezza il cuore, vedi le condizioni in cui vivono, le carenze, le ingiustizie… ma in quale posto del mondo non ci sono situazioni simili? La differenza l’ho capita quando siamo stati a Farim. Bambini, giovani, donne… volevano salutarti, ti davano la mano, ti abbracciavano, sempre con quel sorriso che mai si cancellerà dal mio cuore. Mi chiedevo come fosse possibile che fossero così allegri nonostante le ferite sul corpo, quasi scalzi, e non sapevano se sarebbero potuti andare a scuola il prossimo anno. La risposta poteva essere solo una, Dio era presente. Gesù sarebbe felice tra loro, perché non potevo esserlo io? E così è stato.
Nella mia ingenuità credevo che sarei andata ad aiutare, a portare materiali, a insegnare… ed è stata questa terra e la sua gente a darmi una lezione.
Ho imparato dai bambini che non si stancavano di giocare e cantare. Nonostante il caldo volevano di più, sempre con il sorriso. Prendendomi la mano, toccandomi i capelli, le braccia (le lentiggini destavano curiosità). Andando di corsa alla missione a bere acqua, perché c’è carenza di acqua potabile… il sorriso li accompagnava sempre.
Ho imparato dai giovani che si impegnano completamente nella loro parrocchia, nel loro villaggio, senza aspettarsi niente in cambio, che ti facevano ballare con loro e non gli importava se eri “bianca e più grande”, e che l’unica cosa che ci hanno chiesto alla fine è stata di raccontare in Spagna che gli piacerebbe imparare un lavoro (alcuni già lo stanno facendo) ma che non hanno materiali o mezzi sufficienti per continuare.
Ho imparato da una donna molto bella, che ci preparava ogni giorno un pranzo delizioso, nonostante gli scarsi mezzi di cui disponeva; e con la quale, senza capirci a parole, abbiamo pianto insieme l’ultimo giorno.
Ho imparato dai medici che, gratuitamente con pazienza e amore, hanno dedicato due giorni a visitare tutti quelli che ne avevano bisogno, senza riposo.
Ho imparato dai Missionari Oblati che ci mettono il sudore e le forze in tutto ciò che fanno per le persone (senza fare distinzione di religione), e che oltre questo hanno trovato il tempo di cantare, ballare e farci trascorrere dei bei momenti.
Ho imparato da un giovane di 15 anni, che ci ha aiutato e non si separava mai da noi (con i bambini, con i malati, ordinando medicine, facendo da interprete, progettando materiali…) e che, come molti altri, non poteva continuare i suoi studi senza aiuto.
Ho imparato da una professoressa dolce e forte, che mi ha aiutato con l’animazione dei bambini; lei mi ha chiesto di trovarle un fidanzato spagnolo ma l’ho convinta che non era una buona soluzione.
Ho imparato dai miei compagni (amici) di viaggio, missionari come me. Non solo mi hanno insegnato un’altra lingua, ma ad essere tollerante, ad accettarmi per quella che sono con i miei limiti, a vedere nel diverso un fratello.
Per me la Missione è stata condividere la Gioia del Dio vivo con tutti. Egli sta nella semplicità. Non ho fatto grandi cose… ma l’ho fatte piene d’amore. (Belén)