Bangkok, Natale 2016
Carissimi tutti
In questi anni, insegnando catechismo, ho riflettuto su questo giorno così straordianario e incomprensibile.
Ho cercato di scavare sotto la patina di immagini tanto commoventi quanto poco aderenti alla realtà e ho scoperto che questo evento emana, ancora, una luce potentissima proprio nella crudezza di cio’ che è accaduto quel giorno di tanti anni fa. Noi abbiamo collocato il Natale il 25 dicembre e in quel giorno Dio si fa povero con i poveri, accogliente con i dimenticati e gli ultimi, si fa adorare da coloro che lo cercano con timore e umiltà. In una parola, Dio viene a visitare proprio coloro che non se lo aspettano, coloro che hanno dubbi, coloro che sono in continua ricerca e che non hanno risposte sempre pronte e chiare.
Dio viene per cambiare il nostro mondo per renderlo simile al suo regno, ma ha bisogno di noi e ci indica la via: accoglierci gli uni gli altri con rispetto, senza giudizi, senza presunzioni. Accoglierci gli uni gli altri perchè i nostri destini sono legati a quelli del fratello e della sorella che condivide un pezzo di strada con noi. Dio viene a cambiare la nostra mentalità e a ricordarci che tutto deve essere orientato a questo fine, la nostra fede non dovrebbe solo logorare le nostre ginocchia, ma anche le nostre mani, i nostri piedi, le nostre intelligenze. Colui che mi sta accanto non ha bisogno solo dell’aiuto di Dio, ma del mio aiuto, della mia solidarietà, della mia attenzione e della mia stima.
Lo so, tutto è maledettamente complicato. Il nostro agire non sempre genera gli effetti desiderati, non sempre è facile dosare l’amore, e non sempre questo è compreso. È la stessa sfida del Natale, il messaggio di quella notte non è si è ancora fatto carne nel nostro mondo e, forse, nemmeno nelle nostre coscienze. Ma Dio è paziente, sa aspettare, sa amare con perseveranza.
Qualche giorno fa sono andato a fare delle attività in una delle più grandi prigioni della Tailandia a pochi chilometri dalla mia parrocchia. Il carcere ospita 5-6 mila persone, tutte con pene molto elevate da scontare, dai 10 anni in su. Entrare in questo carcere è come un rito: si devono lasciare tutti gli effetti personali dentro l’armadietto; ad ogni porta c’è una perquisizione, c’è una richiesta e poi si attende la risposta dall’interno; quando si transita da una zona all’altra bisogna firmare, tanto all’entrata che all’uscita. Finalmente si arriva in una sala adiacente al cortile dove si inizia l’attività: condivisione della Parola. La prima volta c’erano una trentina di persone, protestanti, dalla Nigeria. L’ultima volta un gruppetto di una quindicina di carcerati: protestanti, ortodossi, qualcuno solo interessato. Sono dei momenti intensissimi perché quei giovani, sono persone del tutto normali, ma qualcosa nella loro vita è andata storta. Ora sono lì, in cerchio, ascoltano, esprimono le loro convinzioni.
Hanno passato più di dieci anni in carcere, alcuni ne hanno davanti altri 20 o 30, magari anche 50 e ti accorgi che la parola che leggono ha, per loro, una luce diversa, è una parola che va dritta al cuore perché, in fondo, Dio è venuto per i poveri, per gli ultimi, per i disperati. La Parola parla di una presenza e per loro, ridotti all’impotenza, alla nullità, questa parola da speranza.
Quando esco da quella prigione, quando riprendo la mia auto e rientro in parrocchia non posso non ripensare a quell’incontro e sentire la forza, rivedere la luce del Natale del Signore: esternamente niente è cambiato per quelle persone appena incontrate, ma qualcosa che lascerà un segno è pur sempre accaduto, forse è apparsa una piccola stella che brilla nelle tenebre.
Natale, Dio che nasce nel nostro cuore e ci cambia. In questi anni ho avuto modo di insegnare catechismo ad adulti che avevano incontrato il Signore e volevano ricevere il battesimo. Queste persone vengono in parrocchia per quasi un anno, seguono le lezioni e conoscono sempre più Colui che le ha chiamate. All’inizio pensano che essere cristiani sia conoscere a memoria qualche preghiera, magari imparare a dire il rosario, venire a messa la domenica, ma poi scoprono che questa è solo la via per crescere nell’intimità con il Signore. Scoprono che Lui affida loro una missione, un impegno: far diventare questo mondo più umano. “Quando sono in volo – mi ha detto Nok una air hostess -, nei momenti liberi, quando tutti dormono, leggo il vangelo, mi piace perché mi aiuta a capire il senso della mia vita, di quello che sto facendo, apre la mia visione a prospettive nuove. A volte le mie colleghe mi chiedono cosa sto leggendo con tanto impegno e assiduità e io parlo loro di quel Gesù che ho incontrato e, ogni volta, percepisco il loro interesse e forse la loro sorpresa davanti a parole così forti”.
Ho invitato Oom e Joe, due catecumeni, a partecipare a delle attività con dei ragazzini dello slam (la fede non è solo conoscere il catechismo); ho dovuto prepararli un po’ e confesso che ero preoccupato perché, i ragazzi dello slam, non hanno gli standard di buona educazione dei tailandesi normali. Dopo due ore di giochi Omm e Joe erano senza fiato, ma contentissimi perché, forse senza accorgersene, avevano incontrato il Signore in quei ragazzini, lo avevano servito e il sorriso dei bambini aveva confermato loro che il mondo era diventato un po’ migliore.
Carissimi tutti, il mio lavoro come parroco di san Michele Arcangelo in Saphanmai è una sfida continua. L’incontro con tante situazioni di povertà, di emarginazione, di dolore, ma anche di gioia vera e profonda, mi aiutano ad uscire dagli schemi, dagli stereotipi, mi aiutano a guardare la mia fede in modo diverso. Mi aiutano a capire la complessità della vita e mi insegnano a fare il mio lavoro di prete con tanta umiltà. Il Natale di Cristo è stato un evento unico e straordinario, ma il nostro natale si realizza ogni giorno, ogni volta che ci mettiamo in cammino e accettiamo di seguire una piccola stella che ci accompagna sempre in luoghi inaspettati.
Buon Natale a tutti, in modo particolare a coloro che ho incontrato in Italia durante la mie vacanze. Stare insieme con voi è stato veramente un dono di Dio. Grazie del vostro affetto e della condivisione con la quale posso fare parte delle mie attività qui in parrocchia. Le adozioni continuano, il lavoro con i rifugiati e con i ragazzini dello slam procedono. Con il vostro aiuto noi seminiamo, con la vostra preghiera chiediamo al Signore di far crescere i semi sparsi.
Buon Natale e Felice Anno Nuovo
p. Domenico Rodighiero omi