Carissimi tutti,
Ormai è più di un anno e mezzo che vivo a Mankhaw e il mio lavoro va avanti in modo soddisfacente. Queste montagne sono sempre una sfida e una scoperta; la gente dei villaggi, che visito regolarmente, se il tempo me lo permette, mi aiuta a capire di più il significato della mia missione.
A Mankhaw condivido la vita della gente e sono contento che la mia piccola
casa sia circondata da giovani famiglie che da pochi anni si sono stabilite nella parte più alta del villaggio. É come vivere in uno stesso cortile nel quale tutti conoscono tutti e dove il darsi una mano, in caso di necessità, è una cosa naturale. La mattina vedo la gente che va ai campi, sento l’allegro chiacchiericcio dei bambini che vanno a scuola e mi sembra di vivere in un altro mondo. Qui a Mankhaw tocco con mano una umanità semplice, che lotta ogni giorno per sopravvivere, ma si accontenta del poco che ha e non si lamenta; no! non è rassegnazione la loro, ma lotta giornaliera e paziente per realizzare sogni modesti, ma soddisfacenti.
Qualche giorno fa sono andato nei campi con i miei parrocchiani, per la raccolta del riso ed è stato uno spettacolo straordinario. Dalla cima del pendio si vedeva una valle dorata, il riso maturo era di un giallo abbagliante, le montagne di un verde intenso e dai piedi del pendio saliva un piccolo esercito di una quarantina di persone schierate come fossero in “battaglia”. Tutti lavoravano con la stessa andatura e velocemente salivano la china lasciando a terra i mazzetti di riso appena tagliati. I discorsi erano allegri e spiritosi, le risate si sentivano da lontano e, ad ogni passo, quel gruppo di parenti e amici rinsaldava i legami reciproci. Non ci sono soldi per assumere lavoratori, le trebbiatrici non entrano nelle risaiescoscese e allora l’unico modo per sopravvivere è creare un legame forte di solidarietà, di accoglienza e di amicizia.
Nei miei villaggi di montagna non ci sono né gli agi né le opportunità dei grandi centri; qui non arriva nemmeno la disciplina della città e lo sviluppo è limitato, ma la gente è contenta perché non prende la vita troppo sul serio e non la vive come un dramma; sa che non può controllare né lo scorrere del tempo né la catena degli eventi e vive, ogni giorno che passa, con un certo umorismo. La fede dei miei parrocchiani è solida e radicata nella loro esistenza, ma è una fede semplice che si mescola con la vita ed è un po’ allergica a riti e costrizioni. L’ultimo giorno di ottobre abbiamo fatto una processione per la chiusura del mese mariano; ho voluto percorrere tutto il villaggio, come una volta, per dire che Maria cammina con noi e che, se ci mettiamo al suo seguito, lei ci porta a Cristo. Mi sembrava una bella riflessione, ma mi sono accorto che per loro era un po’ astratta.All’inizio ho spiegato come dovevamo procedere (in fondo in fondo, ci vuole sempre un po’ diordine) e ho distribuito compiti e mansioni. Tutto si è svolto come si svolge la vita di questa gente: ognuno camminava al fianco delle persone con le quali va ai campi tutte le mattine, non senza fare quattro chiacchiera tra una Ave Maria e l’altra; i bambini scorrazzavano a destra e a sinistra, chiassosi come sempre; il catechista che doveva guidare la processione, dopo pochi passi, era già immerso nei suoi pensieri e andava per conto suo con un’andatura che faceva venire il fiatone a chi portava la statua della Madonna; nessuno si preoccupava dei cani che nel frattempo si erano uniti alla processione e sui quali la gente incespicava ad ogni passo. Guardando questo spettacolo, decisamente insolito, avevo comel’impressione che la statua dellaMadonna sorridesse dall’alto del suo semplice baldacchino, come sorridevo io nel vedere la mia bella processione procedere con tanta allegria e con così poco ordine.
Per queste persone noi Oblati abbiamo costruito un centro, una struttura che ha lo scopo di ospitare le persone con le quali lavoriamo e con loro
approfondire la nostra fede. Nel Nord-Est della Tailandia abbiamo sei parrocchie, piccole e piuttosto isolate. Noi vorremmo raccogliere i fedeli nel nostro nuovo Centro e fare un’esperienza di chiesa fondata sull’accoglienza e sul desiderio di conoscere sempre meglio Cristo, vorremmo far provare loroil gusto di essere missionari. Il Centro quindi è un ambiente indispensabile che ci permette di fare tante attività attraverso le quali imparare ad essere testimoni e annunciatori di Cristo.
A questo punto, dopo avervi raccontato qualcosa della mia missione, non mi resta che farvi i miei più cari auguri di Buon Natale.
Buon Natale e Felice Anno Nuovo
p. Domenico Rodighiero omi