Parole di Missione: Pace

«Shalom, pace». Il termine ebraico “Shalom” indica diverse realtà, fra cui benessere, successo, prosperità, liberazione, salvezza, pace. Shalom indica la condizione di armonia della persona con sé stessa, con Dio, con il creato. In diversi paesi arabi la parola Shalom viene utilizzata nei saluti come augurio di bene e di pace; anche in Senegal i saluti in lingua wolof sono un augurio di pace: «Salam alekum – Malekum salam», un vero e proprio auspicio vicendevole dichiarando «La pace sia con te – La pace sia anche con te».

Nella Sacra Scrittura la pace è oggetto di benedizione (Nm 6, 26); i salmi presentano la pace come il dono di Dio per eccellenza (cfr. Sal 37, 11; 122, 6) la cui cura è affidata agli uomini; in diversi testi profetici la pace è vista nel senso di giustizia, diritto, accoglienza dei poveri, benessere, fedeltà. La pace, promessa per gli ultimi tempi, diventa la luce che guida il cammino del popolo di Dio (cfr. Is 2, 1-5); il titolo del re sarà “principe della pace” (Is 9, 5; cfr. Mi 5, 4) e il futuro Messia sarà un re giusto che annunzierà la pace ai popoli (Zc 9, 9-10). Nei vangeli il vocabolo “pace” diventa sinonimo di salvezza: è quanto afferma il canto degli angeli a Betlemme proclamando la pace agli uomini amati dal Signore (Lc 2, 14); Gesù è chiamato “il principe della pace”; la pace è il dono che Gesù promette ai discepoli nell’ultima cena (Gv 14, 27); «la pace sia con voi» è il saluto del Signore risorto. La pace è l’augurio che Paolo rivolge ai destinatari delle sue lettere. Nelle beatitudini, vero programma di vita per ogni discepolo missionario, Gesù ci invita a farci costruttori di pace. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Gesù dichiara che gli artigiani di pace sono beati e saranno chiamati figli di Dio (Mt 5, 9). Ciò domanda l’impegno di prendersi cura gli uni degli altri, di promuovere cantieri di solidarietà e di amicizia sociale, di avere occhi e cuori nuovi verso l’umanità. La pace inizia da me e il mondo intorno a me cambia se cambio io stesso. Ciascuno di noi può essere lievito di una cultura di pace e di giustizia. Nelle Scritture si afferma che la pace è un dono di Dio, ma richiede il nostro impegno per la giustizia e la concordia fra gli uomini e, affinché essa si realizzi, non è sufficiente eliminare le guerre, ma dobbiamo rapportarci in modo nuovo con Dio e con gli altri, stringendo relazioni di fraternità e di solidarietà con tutti e abbattendo i muri che ci dividono.

La storia dell’umanità è tragicamente segnata da guerre e conflitti di ogni genere e, nonostante i progressi culturali ed economici, oggi viviamo ancora il dramma di tante guerre che causano morti, sofferenze, migrazioni, precarietà, traumi fisici e mentali. In ogni guerra «qualcosa, forse molto, è morto per sempre… la gente che ha abbandonato quel Paese forse non tornerà. Le famiglie si sono divise… qualcosa forse è finito per sempre e molte amputazioni restano» (Andrea Riccardi, Il grido della pace, pp 33-34). Nel mondo è in atto una vera e propria “terza guerra mondiale a pezzi”: abbiamo informazioni di quanto sta succedendo in Ucraina e nel Medio Oriente, ma abbiamo poche notizie delle guerre e dei conflitti che sono in corso in Africa, in America Centrale, nell’America Latina e in diversi Paesi dell’Asia, talvolta da parecchi anni. Se a tutto ciò aggiungiamo le varie forme di violenza presenti nelle nostre società, è facile lasciarsi prendere dallo sconforto e pensare che sia impossibile realizzare una pace duratura. Però, anche se fragile, precaria e sempre minacciata, la pace è il desiderio di tutti noi. Come diceva il Cardinale Martini, «la pace è un bene da chiedere, è una via su cui camminare, un bene da perseguire ponendo le premesse necessarie perché sia possibile; o, almeno, perché a questo bene ci si avvicini in maniera che, se non riusciamo ad essere pienamente operatori di pace, non ne siamo però distruttori. Ci troviamo, insomma, davanti a delle strade che sembrano utopiche e nello stesso tempo percepiamo che la pace è una necessità inesorabile, una questione di vita o di morte»

Ci sono, fra le altre, alcune “condizioni” fondamentali per poter vivere la pace, condizioni che sono vie per la pace: la giustizia, lo sviluppo, la libertà, il dialogo, l’educazione, il perdono, la preghiera.

La pace è frutto della giustizia«Effetto della giustizia sarà la pace» (Isaia 32, 17); «Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo» (Salmo 85, 11-12). La pace nasce e sussiste quando ci sono condizioni di giustizia fra gli uomini. La Parola di Dio ci sfida a costruire incessantemente la pace e ci augura di vivere nella pace, che non può essere solo assenza di guerra o di violenza per una convivenza serena tra i popoli e tra le persone, ma è la continua realizzazione di un ordine sociale fondato sulla giustizia e i diritti dei popoli e delle persone. Ogni persona ha diritti inviolabili e inalienabili. Per questo è necessario che ogni uomo e ogni donna operi per la giustizia perché «la giustizia cammina con la pace e sta con essa in relazione costante e dinamica… quando una è minacciata, entrambe vacillano; quando si offende la giustizia, si mette a repentaglio anche la pace» (San Giovanni Paolo II, Messaggio Giornata Mondiale per la Pace 1998). La pace nasce dalla giustizia per ciascuno e nessuno può sottrarsi a quest’impegno e a questa responsabilità. La giustizia difende e promuove la dignità della persona e si fa carico del bene comune perché è custode delle relazioni tra i popoli e le persone. 

La pace è frutto dello sviluppo e della solidarietà. Gli squilibri economici, purtroppo, si aggravano sempre di più: privatizzazione dei beni, logica del profitto immediato per pochi a discapito di molti, amplificarsi delle disuguaglianze, accesso problematico per tanta gente ai diritti e ai beni di base, precarietà o mancanza di lavoro, nuove e antiche schiavitù. I progetti di pace richiedono di guardare alle situazioni di povertà e di fame, che è fame e sete di giustizia, e coltivano il sogno di un mondo nel quale si possa vivere tutti nella convivialità dei popoli, delle culture, delle differenze. La pace del Signore risorto è amore per i sofferenti e gli esclusi, è denuncia dei soprusi e delle discriminazioni umane e culturali, economiche e religiose. Spesso i paesi poveri, e i poveri in generale, sono lasciati fuori dai circuiti di sviluppo, con conseguente peggioramento di situazioni già di per sé difficili. L’amore e la passione per i poveri e i deboli devono costituire un impegno fondamentale per i discepoli missionari. Una società autenticamente solidale non offre solo il superfluo ai poveri: questo non è sufficiente. Occorre uno spirito di condivisione per dedicare cure e attenzioni a quanti sono in difficoltà.

La pace è frutto della libertà. È drammatico che ancora oggi la libertà di popoli e persone sia violata con l’oppressione, la corruzione, i conflitti: la libertà è un fondamento della pace. Nessuno esce vincitore da una guerra e ogni conflitto è una sconfitta per tutta l’umanità, sempre e dovunque. Ogni uomo ha il diritto di vivere in libertà, nella sicurezza, nella giustizia, nella speranza di un futuro migliore. Il rispetto della libertà dei popoli e delle persone fa parte integrante del cammino per la pace. Libertà di godere dei diritti universali: libertà di movimento, libertà di coscienza, libertà religiosa che è «una pietra angolare dell’edificio dei diritti umani, pertanto è un fattore insostituibile del bene delle persone e di tutta la società, così come della propria realizzazione di ciascuno» (San Giovanni Paolo II, Messaggio Giornata Mondiale per la Pace 1988). «Il primo miracolo è accorgersi che l’altro esiste» (Simone Weil) e che possa vivere in condizioni libere e dignitose.

La pace è frutto del dialogo. Abbiamo bisogno di operatori di pace, di artigiani del dialogo, di costruttori di ponti, di incontri, di relazioni. Quando manca il dialogo non ci si preoccupa del bene comune, ma di ottenere vantaggi o addirittura di imporre il proprio pensiero, le proprie idee, i propri interessi. «L’autentico dialogo sociale presuppone la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro, accettando la possibilità che contenga delle convinzioni o degli interessi legittimi. A partire dalla sua identità, l’altro ha qualcosa da dare ed è auspicabile che approfondisca ed esponga la sua posizione perché il dibattito pubblico sia ancora più completo» (Fratelli Tutti, 203). «Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare”. Per incontrarci e aiutarci a vicenda…» (Fratelli Tutti, 198). Cosa sarebbe il mondo se non ci fosse dialogo? Talvolta, lo constatiamo, ci sono monologhi che procedono paralleli nell’illusione che ci sia un dialogo! Invece il dialogo, spesso paziente e coraggioso, non fa notizia come gli scontri armati, ma aiuta a sperare in un avvenire migliore e a costruirlo. Il dialogo è fondamentale per la pace, ad ogni livello; perché la pace si costruisce in ogni ambito«Il dialogo tra le generazioni, il dialogo nel popolo, perché tutti siamo popolo, la capacità di dare e ricevere, rimanendo aperti alla verità. Un Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura artistica e la cultura tecnologica, la cultura economica e la cultura della famiglia, e la cultura dei media» (Fratelli Tutti, 199).

La pace è frutto dell’educazione. Oggi è urgente operare per la pace nei numerosi Paesi in cui ci sono dei conflitti, ma anche per la pace nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro. Educare ad una cultura della pace è profezia in un mondo spesso violento e aggressivo. La pace inizia nei propri cuori e si estende nel mondo circostante. L’educazione alla pace non può ridursi solamente all’opera di informazione e sensibilizzazione sugli orrori della guerra e dei conflitti: «La pace senza un’educazione basata sul rispetto e sulla conoscenza dell’altro non ha valore né futuro. Se non vogliamo costruire una civiltà dell’anti-fratello, dove “l’altro diverso” è banalmente percepito come un nemico, se al contrario vogliamo costruire questo mondo tanto desiderato dove si assume il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta ordinaria, la conoscenza reciproca come metodo e criterio, allora la strada da seguire oggi è quella dell’educazione al dialogo e all’incontro» (Messaggio di Papa Francesco al IV Congresso Internazionale sull’Islam, Abu Dhabi 4-7 febbraio 2024). Per vivere la pace è necessario educarci all’ascolto reciproco, alla conoscenza dell’altro, al dialogo, al confronto, al perdono. Nel Patto globale per l’educazione del 2020 si afferma: «Educare è sempre un atto di speranza che invita alla co-partecipazione e alla trasformazione della logica sterile e paralizzante dell’indifferenza in un’altra logica diversa, che sia in grado di accogliere la nostra comune appartenenza» (Messaggio di Papa Francesco in occasione del “Global Compact on Education”, 15 ottobre 2020). Quell’appartenenza alla Casa Comune dell’umanità nella quale siamo tutti fratelli. L’educazione è fra le vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia. Costruiremo un mondo di pace nella misura in cui ci educheremo alla pace.

La pace è frutto del perdono. Il Cristo risorto è riconciliazione con Dio, con l’umanità, con il creato. La pace nasce dalla pace dei cuori, dalla capacità di farsi prossimi, da uno spirito di fratellanza universale«Give peace a chance», si cantava alcuni anni fa. «Dare alla pace una possibilità» ci impegna a chiedere e a offrire perdono. È quanto successo nel Sud Africa del post-apartheid, dove fu istituita una commissione per la verità e la riconciliazione, incaricata non solo di indagare sui crimini avvenuti, ma anche di chiedere e concedere il perdono per le colpe del passato, per riconciliare vittime e persecutori, oppressi e oppressori. «Quando sono uscito di prigione, questa era la mia missione, liberare sia gli oppressi che l’oppressore. Qualcuno afferma che lo scopo è stato raggiunto. Ma io so che non è questo il caso. La verità è che noi non siamo ancora liberi; abbiamo soltanto conquistato la libertà di essere liberi, il diritto a non essere oppressi. Non abbiamo ancora compiuto l’ultimo passo del nostro viaggio, ma il primo di un lungo e anche più difficile cammino. Per essere liberi non basta rompere le catene, ma vivere in un modo che rispetti e accresca la libertà degli altri» (da Lungo cammino verso la libertà, autobiografia di Nelson Mandela pubblicata nel 1994). 

La pace è frutto della preghiera. Come discepoli missionari crediamo nella forza della preghiera per la riconciliazione degli uomini. La pace è un dono di Dio. Preghiamo per la pace: abbiamo bisogno della pace. La preghiera porta a fare nostro il desiderio di Dio per l’umanità: fraternità, unità, pace. Pregare per la pace significa entrare in questo sogno di Dio per noi. Una pace fondata sulla giustizia, sulla solidarietà, sulla condivisione, sul perdono. Preghiamo per la pace affinché essa si realizzi fra di noi, preghiamo per avere la capacità di perdonarci, perché emerga di noi quanto abbiamo di bello e di vero. Preghiamo per la pace affinché essa si possa realizzare in noi stessi, in ogni famiglia; affinché ci aiuti a superare le incomprensioni, le cose non dette o espresse male, i sorrisi negati, gli abbracci non offerti, le relazioni stanche e affaticate. La pace va cercata prima di tutto in noi stessi; solo così potremo condividerla con gli altri. Preghiamo per la pace senza frontiere: regni in ogni Paese come a casa nostra, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli uffici, ovunque. Offriamo sguardi di pace, pensieri di pace, parole di pace, gesti di pace.

Signore,
fa di me uno strumento della Tua Pace:

dov’è odio, fa ch’io porti l’amore,
dov’è offesa, fa ch’io porti il perdono,
dov’è discordia, fa ch’io porti l’unione,

dov’è dubbio, fa ch’io porti la fede,
dov’è l’errore, fa ch’io porti la verità,
dov’è la disperazione, fa ch’io porti la speranza,
dov’è la tristezza, fa ch’io porti la gioia,
dove sono le tenebre, fa ch’io porti la Luce.

Oh Maestro, fa ch’io non cerchi tanto:

d’essere consolato, ma di consolare;
d’essere compreso, ma di comprendere;
d’essere amato, ma di amare.

La pace è il bene più grande per l’umanità perché è il bene di Dio per noi e il desiderio di ogni uomo e di ogni donna. Una sola e grande aspirazione dimori nei nostri cuori: la pace! Perché riconoscerci fratelli e sorelle è un impegno e una responsabilità per un futuro di pace da costruire “a pezzi”, cominciando nei cantieri quotidiani delle nostre vite. Una pace da coltivare ogni giorno con piccoli gesti. Una pace che ridoni speranza. È in gioco la pace! Nostra missione è l’annuncio e la realizzazione della pace. Crediamoci, torniamo a offrire questa speranza, operiamo affinché la pace si realizzi in ogni luogo della terra e in ogni cuore. «Ovunque e in tutti una sola e unica aspirazione: la pace! Pace ai bambini che si aprono alla vita! Pace ai giovani, che sognano il futuro! Pace agli uomini, che lavorino fiduciosi! Pace alle donne, che si rispetti la loro dignità! Pace alla nostra terra, che doni a tutti da vivere!» (Preghiera a Notre Dame de la Paix de Temento, Sénégal).

La pace siamo noi. La pace ha noi per essere realizzata. La pace ha bisogno di ciascuno di noi, uomini e donne che con le loro scelte quotidiane possono portare più giustizia, più dialogo, più educazione, più perdono; persone che pregano per aprire e per realizzare vie di pace. «Alla fine, noi abbiamo solo un dovere morale: reclamare larghe aree di pace in noi stessi, più e più pace, e di rifletterle verso gli altri. E più pace c’è in noi, più pace ci sarà nel nostro mondo turbolento» (Hetty Hillesum).

Flavio Facchin omi