«Mentre una parte dell’umanità vive nell’opulenza, un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata» (Fratelli Tutti, 22). Nel mondo ci sono molte situazioni di povertà. In realtà, la povertà ha i volti di uomini e donne che vivono in varie forme di precarietà economica, sociale, sanitaria, culturale. Quanti poveri emigrano dai loro Paesi a causa di guerre, carestie, instabilità politiche e sociali o perché sognano un lavoro che possa offrire loro una vita migliore! «Conosciamo la grande difficoltà che emerge nel mondo contemporaneo di poter identificare in maniera chiara la povertà. Eppure, essa ci interpella ogni giorno con i suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata. La povertà ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro. Quale elenco impietoso e mai completo si è costretti a comporre dinanzi alla povertà frutto dell’ingiustizia sociale, della miseria morale, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata!» (Papa Francesco, 19 novembre 2017).
Come Missionari Oblati di Maria Immacolata siamo «accanto ai poveri dai molteplici volti» nei barrios di Montevideo (ho constatato che qui la povertà è diventata miseria!), nelle favelas del Venezuela, nelle periferie di Dakar, nei villaggi del Senegal e della Guinea Bissau, del Camerun e del Sahara Occidentale: una lunga lista che potrei continuare, vista la nostra presenza in una settantina di Paesi del mondo. In Italia siamo presenti e operiamo con persone che vivono nella precarietà e nell’indigenza a Palermo e nella periferia di Roma, a Cosenza e a Caserta, a Pescara e a Bologna. Talvolta mi si chiede con quanti poveri abbiamo a che fare o quanti sono coloro che riusciamo ad aiutare. Rispondo con le parole di don Primo Mazzolari: «Vorrei pregarvi di non chiedermi se ci sono dei poveri, chi sono e quanti sono, perché temo che simili domande rappresentino una distrazione o il pretesto per scantonare da una precisa indicazione della coscienza e del cuore… Io non li ho mai contati i poveri, perché non si possono contare: i poveri si abbracciano, non si contano» (“Adesso”, n. 7, 15 aprile 1949). I poveri si abbracciano! I poveri sono accanto a noi e fra di noi e il nostro «essere missione» ci chiede di incontrarli là dove vivono per rendere operative la nostra solidarietà e la nostra condivisione.
I testi biblici parlano spesso degli «anawim», cioè dei poveri di ogni tipo: affamati, assetati, orfani, stranieri, emarginati, soli, malati, persone oppresse sul piano sociale, economico, fisico e psicologico. Poveri che si affidano a Dio, unica àncora di speranza e di consolazione. Quali le cause di tante povertà? Molte; e soprattutto le numerose ingiustizie nel mondo e nelle nostre società, gli egoismi, le corse sfrenate al potere e al denaro anche a costo di calpestare i diritti di tante persone. Gesù ha privilegiato i poveri esortandoci a tenere fisso lo sguardo su di Lui, che «da ricco che era si è fatto povero per farci diventare ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8, 9). Egli stesso ci chiede di prenderci cura di chi si trova nel bisogno perché «i poveri li avrete sempre con voi» (Mc 14, 7).
La Scrittura è il punto di riferimento per il nostro impegno missionario con i poveri: «Non distogliere lo sguardo dal povero» (Tb 4, 7). Da sempre la Chiesa fa suo quest’appello. Negli Atti degli Apostoli leggiamo che i Dodici convocano il gruppo dei discepoli per «cercare sette uomini pieni di Spirito e di sapienza» perché assumano il servizio dell’assistenza ai poveri. È questo uno dei primi segni con cui la comunità cristiana si presenta al mondo: il servizio ai poveri. Perché «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e, se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1 Cor 12, 26). «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri» (Rm 12, 15-16).
Siamo sollecitati a riconoscere il volto di Cristo nei poveri, ad ascoltarli, ad accoglierli, a prestare loro la nostra voce, a gridare i loro diritti, affinché siano loro assicurate almeno le condizioni minime per una vita dignitosa. Essere discepoli missionari vuol dire far nostre le sfide della condivisione e dell’inclusione, del servizio della carità e dell’amore per i poveri. La solidarietà richiede il condividere il poco che siamo e che abbiamo con coloro che hanno meno di noi, affinché nessuno soffra. Le mense delle Caritas sparse in tutta Italia sono importanti, ma necessita un surplus da parte di tutti noi per riconoscere nel volto dei poveri la dignità di figli dell’uomo e di figli di Dio e non abbandonarli a loro stessi. «Con grande umiltà dovremmo confessare che dinanzi ai poveri siamo spesso degli incompetenti… servire con efficacia i poveri provoca all’azione e permette di trovare le forme più adeguate a risollevare e promuovere questa parte di umanità troppe volte anonima e afona, ma con impresso in sé il volto del Cristo che chiede aiuto» (Papa Francesco, 14 novembre 2021).
Nella storia della Chiesa lo Spirito ha ispirato a tanti uomini e donne di soccorrere i poveri. Quante pagine sono state scritte dai cristiani, che con la fantasia della carità hanno aiutato i loro fratelli più poveri! La Chiesa ha operato una scelta preferenziale per i poveri. «Le Caritas in Italia sono una presenza significativa di evangelizzazione o di primo annuncio. Infatti, attraverso l’opera di tante donne e di tanti uomini si rende manifesta una rete ampia di solidarietà, il cui centro propulsore sta nell’esperienza dell’amore evangelico, da custodire e testimoniare sempre, con un’attenzione privilegiata a quelli che la società ritiene “ultimi”» (Carmine Matarazzo, “La presenza profetica dei poveri”, 43° Convegno Nazionale Caritas: ‘Abitare il territorio, abitare le relazioni’, Salerno, 17-20 aprile 2023, p. 2). L’attenzione ai poveri è un impegno di missione perché significa cercare i volti del Cristo sofferente, farsi prossimi, entrare nelle loro vite, nei loro problemi. «La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4, 10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi» (Evangelii Gaudium, 24). Facciamo nostre anche queste altre parole di Papa Francesco: «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». Solo una Chiesa povera e che vive accanto ai poveri sa camminare con loro, può comprenderli, può offrire loro sostegno. «Non si può comprendere Gesù e il Vangelo senza i poveri». I poveri sono al centro del Vangelo e «appartengono alla Chiesa per diritto evangelico, obbligano all’opzione fondamentale per loro» (Papa Francesco) (Paolo VI, 29 settembre 1963).
Noi, discepoli missionari, ci impegniamo a vedere Gesù nei poveri e ad asciugare le loro lacrime perché «il sole della loro vita è spesso oscurato dalla solitudine, la luna delle loro attese è spenta; le stelle dei loro sogni sono cadute nella rassegnazione ed è la loro stessa esistenza a essere sconvolta. Tutto ciò a causa della povertà a cui spesso sono costretti, vittime dell’ingiustizia e della disuguaglianza di una società dello scarto, che corre veloce senza vederli e li abbandona senza scrupoli al loro destino» (Papa Francesco, 14 novembre 2021). Non dimentichiamo che «siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (Evangelii Gaudium, 198). Per noi ogni povero è figlio di Dio e in lui è presente il Cristo: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Oggi l’opera di evangelizzazione necessita di un’attenzione particolare per le persone e per i poveri nelle loro periferie esistenziali, sociali, economiche. Le varie forme di povertà ci interpellano ad andare verso le periferie, che reclamano a gran voce la nostra attenzione. Sapremo avere piedi che camminano verso i poveri per incontrarli, mani che li curano nelle ferite dei corpi e dei cuori, sguardi capaci di posarsi sui loro volti? «Benedette le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio» (Papa Francesco, 19 novembre 2017).
Vorremmo impegnarci a vivere un po’ di più accanto ai poveri per elevare la loro dignità e guarire le loro solitudini. Vorremmo essere capaci di proporre e vivere una cultura della prossimità e della solidarietà in quanto «ognuno è nostro prossimo. Non importa il colore della pelle, la condizione sociale, la provenienza… Se sono povero, posso riconoscere chi è veramente il fratello che ha bisogno di me. Siamo chiamati a incontrare ogni povero e ogni tipo di povertà, scuotendo da noi l’indifferenza e l’ovvietà con le quali facciamo scudo a un illusorio benessere» (Papa Francesco, 19 novembre 2023). Vorremmo impegnarci ad avere occhi capaci di vedere nei poveri la presenza di Cristo, a imparare a stare con loro, condividere con loro. Il cristiano è uno che incontra i poveri, li tocca, condivide un tratto di vita con loro. «Esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri… i destinatari privilegiati del Vangelo» (Evangelii Gaudium, 48). Non è importante il nostro fare, ma l’attenzione sincera e generosa che ci permette di avvicinarci a loro come a fratelli e sorelle. Non siamo esonerati dalla preoccupazione per i poveri ed è necessario saper andare oltre quelle strade «concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri» (Fratelli Tutti, 169) perché a tutti sia consentita una vita degna e felice.
Vorremmo ancora impegnarci ad essere una Chiesa dei poveri, per i poveri e con i poveri. Tutti ci ritroveremo a fare i conti con la pagina del Vangelo di Matteo (Mt 25, 31-40) in cui Cristo identifica sé stesso con i poveri e i bisognosi. Dio stesso ama i poveri e il suo amore fonda l’impegno della Chiesa a loro favore. Essi sono il tesoro della Chiesa perché privilegiati dall’amore di Dio e anche dal nostro. Come vorremmo porre fine alle situazioni di povertà persistenti, nelle quali i poveri sono considerati «scarti, uomini inferiori, persone fallite»! (Papa Francesco, 28 agosto 2021). Sono loro che ci aprono le vie del Cielo e sono per noi come un passaporto per il Paradiso: «Avevo fame, avevo sete, ero solo… ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,31-40).
Come fare? La nostra sollecitudine per i poveri non può limitarsi a una forma di assistenza (certo necessaria), ma richiede quell’«attenzione d’amore» (Evangelii Gaudium, 199) che onora l’altro in quanto persona e cerca il suo bene. L’incontro con un povero deve interrogarci, provocarci, muoverci all’azione. Il grido spesso silenzioso dei poveri deve trovarci pronti con le nostre attenzioni e con il nostro amore per loro: prima che di beni hanno bisogno di uno sguardo, di affetto, di calore, hanno bisogno di una presenza. Gesù non li ha scartati e non si è girato dall’altra parte, si è fatto Povero per conferire onore e dignità a ogni persona. I santi direbbero che il povero è come un ostensorio, presenza viva del Signore. Gli occhi della carità sanno vedere i poveri e farsi loro incontro. Il povero ha bisogno di essere incontrato, abbracciato, amato.
Concludiamo con alcune parole di Papa Giovanni XXIII: «Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; e ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà» (San Giovanni XXIII, Pacem in Terris, 6). Le parole del profeta Isaia modellano il nostro impegno missionario: «Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo… dividere il pane con l’affamato… introdurre in casa i miseri, i senza tetto… vestire uno che vedi nudo» (Isaia 58, 6-7). Perché «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Flavio Facchin omi