Parole di Missione: Fratelli Tutti

Continuando il tema della fraternità del mese scorso, vorrei proporre qualche riflessione a partire dal documento Fratelli Tutti di Papa Francesco, la lettera enciclica sulla fratellanza e l’amicizia sociale. Lo faccio riprendendo una decina di parole che possono essere possibilità di lavoro missionario. Un decalogo sulla fraternità che indichi alcune tracce per camminare sulle strade della missione.

1 Fratelli Tutti. Sì, perché nessuno è escluso dalla fraternità e tutti, fratelli e sorelle in Gesù, formiamo un’unica umanità: siamo tutti fratelli! «Desidero tanto che, in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità. Tra tutti: “Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti”» (FT 8). Gesù stesso ci ha detto: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8).

2 Prossimo. Nel Vangelo il precetto del rabbino Hillel (“Non fare agli altri ciò che è male per te”) trova con Gesù un’espressione positiva: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7, 12)È un appello che abbraccia tutti, è un impegno universale che ci riguarda per il solo fatto che siamo uomini. Gesù «non ci chiama a domandarci chi sono quelli vicini a noi, bensì a farci noi vicini, prossimi» (FT 80). Ciò che conta è «farsi presenti alla persona bisognosa di aiuto, senza guardare se fa parte della propria cerchia di appartenenza… Non dico più che ho dei “prossimi” da aiutare, ma che mi sento chiamato a diventare io un prossimo degli altri» (FT 81). Così sono chiamato a farmi prossimo e ad entrare in relazione con ogni persona, di qualsiasi estrazione sociale o condizione di vita. Per tessere relazioni di fraternità.

3 Ponti. Costruire ponti, non muri. Spesso è più facile disinteressarsi dell’altro che farsi prossimi. C’è sempre, purtroppo, «la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità» (FT  27). Costruire ponti per pensarci e vivere come grande famiglia umana, in cui ognuno si possa sentire a casa e in relazione con gli altri. Incontrarci, cercare ciò che ci unisce invece di ciò che ci divide. È importante «cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare qualcosa che coinvolga tutti» (FT  216). Siamo fatti per camminare insieme.

4 Relazioni. Siamo fatti di relazioni. Siamo nati da un uomo e una donna, poi nel corso della vita si sviluppa tutta una rete di incontri, di dialoghi, di relazioni: con i genitori, in famiglia, a scuola, con gli amici, nel mondo del lavoro e della cultura. Queste reti di rapporti sono le radici del nostro essere e animano il nostro vivere. Chi saremmo senza tutto questo? «Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza “se non attraverso un dono sincero di sé”. E ugualmente non giunge a riconoscere a fondo la propria verità se non nell’incontro con gli altri: “Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro”. Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della vita senza volti concreti da amare. Qui sta un segreto dell’autentica esistenza umana, perché “la vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte”» (FT 87). La vita è fatta di legami, comunione, fratellanza. Un’esistenza autentica si fonda su relazioni vere e legami di fedeltà. Siamo tutti in cammino, in un processo formativo che possiamo chiamare “educazione alla fraternità”.

5 Solidarietà. Sentiamo di far parte della grande famiglia umana dove è indispensabile lo spirito di solidarietà, al quale dobbiamo destinare tempo, impegno, beni. Siamo invitati a educarci e a educare alla solidarietà che «come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale, esige un impegno da parte di una molteplicità di soggetti, che hanno responsabilità di carattere educativo e formativo» (FT 114). Chi sono questi educatori? Ogni singola persona, le famiglie, gli educatori di ogni genere. «I valori della libertà, del rispetto reciproco e della solidarietà possono essere trasmessi fin dalla più tenera età» (FT 114). La solidarietà prende forma e si esprime nel servizio, nell’avere cura gli uni degli altri. «Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo» (FT 115). 

6 Servizio. È un modo per farci prossimi, vicini. Per Gesù è il modo per eccellenza: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita» (Mc 10, 45). Servire è prendersi cura di chi ha bisogno, di chi vive situazioni di fragilità, di chi si trova nelle periferie esistenziali. «Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo» (FT 115). Questo comporta posare il nostro sguardo su ogni fratello/sorella: «Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello» (FT 115). E ancora: «Vogliamo essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità […] per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione» (FT 276). 

7 Cura di noi. Le relazioni ci aiutano a crescere, a sviluppare le persone che siamo, a formarci come uomini e donne, a modellare l’umanità. «Abbi cura di me, io avrò cura di te». Non è pensabile vivere da soli: bisogna optare e operare per una cultura dove ciascuno «è custode di suo fratello», una cultura «che ci orienti a superare le inimicizie e a prenderci cura gli uni degli altri» (FT 57), in modo particolare di quanti – molti purtroppo – sono poveri, indifesi, ai margini della storia. «Siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate» (FT 64). C’è ancora in noi il coraggio di prenderci cura delle fragilità di ogni essere umano? Non possiamo non averlo, ma siamo chiamati a prendercene cura con uno stile attento, solidale e di prossimità. 

8 Laudato Si’. Viviamo in un mondo che si sta deteriorando, sta soffocando, sta morendo. Bisogna agire. «Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune… In questa cultura che stiamo producendo, vuota, protesa all’immediato e priva di un progetto comune, “è prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni”» (FT 17). Guardando al nostro pianeta vorremmo appellarci «a quel minimo di coscienza universale e di preoccupazione per la cura reciproca che ancora può rimanere nelle persone» (FT 117). San Francesco d’Assisi rimane il modello da seguire per prenderci cura non solo di noi stessi, ma anche della natura e del mondo nel quale e grazie al quale viviamo, lui che «ha ascoltato la voce di Dio, ha ascoltato la voce del povero, ha ascoltato la voce del malato, ha ascoltato la voce della natura. E tutto questo lo trasforma in uno stile di vita» (FT 48).

9 Vangelo. Perché non sognare un mondo migliore nella convivialità delle culture, delle religioni, delle differenze di cui è composta la nostra umanità? Probabilmente questo è solo un sogno. Tuttavia, Papa Francesco ci propone «una forma di vita dal sapore di Vangelo», una sfida da affrontare nel nostro tempo in cui si sta perdendo non solo il senso di Dio, ma anche quello del prossimo. In fin dei conti, la fraternità è il sogno del Vangelo. Tutto il documento di Papa Francesco è impregnato dell’idea di fraternità, che si concretizza nel farsi carico gli uni degli altri. Operare per la fraternità è missione. Costruire relazioni fraterne fa parte della nostra missione di battezzati e implica idee, lavoro, passione. Già nel documento programmatico Evangelii Gaudium Papa Francesco parlava dell’impegno alla fraternità: «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti» (EG 87).

10 Sognare. «Finché c’è vita c’è speranza», ma anche «finché si sogna c’è speranza». Nonostante tutto, nonostante tante sconfitte, nonostante molte delusioni. «“Com’è importante sognare insieme! […] i sogni si costruiscono insieme”. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (FT 8)Il sogno di un’umanità più fraterna che viene presentato da Papa Francesco è la speranza di costruire una fraternità sociale, politica, economica e religiosa in cui è fondamentale «rendersi conto di quanto vale un essere umano, quanto vale una persona, sempre e in qualunque circostanza» (FT 106). Nonostante il nostro mondo sia offuscato da tante ombre, fortunatamente ci sono anche molti segni di speranza e frammenti di fraternità perché «Dio continua a seminare nell’umanità semi di bene» (FT 54). Fratelli Tutti è un invito alla speranza, un richiamo al sogno di un mondo fraterno e solidale. «Beati quelli che sognano, porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato» (Helder Camara).

Sì, ma come? Ci lasciamo guidare dalle ultime battute dell’enciclica Fratelli Tutti«In nome della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali. In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini. In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa. In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede. In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra. In nome di Dio e di tutto questo, […] dichiariamo di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio» (FT 285). 

Flavio Facchin omi