Conoscere chi? Conoscere cosa? Anche il verbo conoscere è presente molte volte nelle pagine della Parola. Quanto c’è da imparare, quanto c’è da conoscere. Dicevano gli antichi che conoscere è un grande bene: «Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ignoranza» (Socrate).
Anche in tempi recenti viene elogiata la conoscenza: «Ci sono uomini che sanno tutto, peccato che questo è tutto quello che sanno», affermava Oscar Wilde con un certo umorismo.
La scienza ci aiuta a conoscere la natura, il mondo, l’universo. C’è poi la conoscenza di sé stessi: vorremmo conoscerci meglio e ci rendiamo conto che si tratta di un cammino che dura tutta la vita, e ancora non basta! Ciò che siamo oggi non è certamente ciò che eravamo qualche mese fa, figurarsi qualche anno fa. «Conosci te stesso», diceva ancora Socrate, per riconoscere e apprezzare i propri pregi, ma anche per ammettere i propri limiti e le proprie fragilità.
In quanto battezzati missionari vorremmo conoscere il Cristo. «Voi, chi dite che io sia?». Questa domanda tocca le corde del nostro cuore e penetra in profondità nel nostro rapporto con Gesù. In quanto battezzati missionari possiamo offrire il Cristo al mondo nella misura in cui lo conosciamo e lo lasciamo vivere in noi.
Se domandassimo a San Paolo: «Chi è per te il Cristo»?, ci racconterebbe la sua esperienza e ci direbbe che il Signore lo ha amato e ha dato la sua vita per lui. Anche noi potremmo raccontare l’esperienza della presenza del Cristo nella nostra vita, senza dare una risposta precisa della conoscenza che abbiamo di Lui. Certo, l’abbiamo conosciuto e arricchiamo la nostra conoscenza attraverso la Parola, la catechesi, la preghiera. «La conoscenza della Parola è conoscenza di Cristo», dice San Girolamo. Per conoscere davvero Gesù bisogna incontrarlo, lasciarlo vivere nella nostra vita, ascoltarlo, trovare spazi di preghiera. Il donare tempo al Signore ce lo fa conoscere di più, ce lo fa sentire presente nella nostra vita. Talvolta eventi o incontri particolari ci aiutano a conoscere meglio il nostro Dio. E anche qui, c’è sempre tanto che ci sfugge, evidentemente. Un giorno, invece, «lo vedremo faccia a faccia» (1 Cor 13, 12) e lo conosceremo come Egli è.
In quanto discepoli missionari, anche noi vorremmo talvolta chiedere a Gesù: «Facci conoscere il Padre» (Gv 14, 8). Eppure, Gesù aveva appena indicato agli apostoli il cammino per conoscerlo definendosi «Via, Verità e Vita». Ciò che Gesù dice a Filippo – «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo»? – oggi è rivolto anche a noi. Non tanto per quello che noi possiamo fare per conoscere Dio, ma per permettere a Lui di farsi conoscere. Conoscere Dio è dargli sempre nuove possibilità di manifestarsi a me per rivelarsi in ciò che Egli è: gioia, stupore, misericordia, amore… E quanto noi sperimentiamo, personalmente e come Chiesa, diventa il nostro annuncio per far conoscere il Signore, diventa impegno missionario.
«Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17, 3). La vita eterna è conoscere Dio! Gesù ce lo dice nell’ultima cena nel Vangelo di Giovanni. Visto il contesto, sono parole importanti. Inviato dal Padre, nella sua missione Gesù ha manifestato con le parole e con le opere il volto di Dio.
Non accontentiamoci di una fede di piccolo cabotaggio; diamo forza e credibilità alla Vita e alla Speranza che sono in noi per conoscere il Padre non solo attraverso la Parola, ma anche lasciandoci abbracciare dalla tenerezza di Dio, che ci conforta, ci ristora e ci incoraggia sempre. Lasciamo che il Padre dia forma alle nostre scelte di vita, affinché la nostra vita sia modellata dalla nostra fede.
Conoscere Dio: non lo conosceremo mai in pienezza, ma siamo in cammino nella sua conoscenza. Più riusciremo a conoscere il Signore, più potremo comunicarlo alle persone con cui viviamo. La sua conoscenza diventa sorgente di parole, azioni, testimonianze.
E poi c’è la conoscenza dell’umanità, uomini e donne: anche qui la piena conoscenza ci sfugge sempre perché tra noi siamo così diversi e in continuo divenire. Nella nostra cultura il conoscere coinvolge il nostro pensiero e la nostra mente, i nostri sensi e le nostre esperienze. Non finiremo mai di conoscere una persona, un povero, la gente con cui viviamo.
In senso biblico «conoscere» vuol dire amare. Non finiremo mai di imparare ad amare i volti concreti che incrociamo sui sentieri della nostra vita. Per voler bene a una persona dobbiamo conoscerla così com’è nella sua vita: con le sue gioie, le sue difficoltà e, perché no?, anche i suoi sogni.
Ci basterebbe conoscere la gente un po’ di più per riuscire a relazionarci meglio con tante persone.
Qualche anno fa papa Francesco, rivolgendosi ai sacerdoti, disse: «Questo vi chiedo: di essere pastori con “l’odore delle pecore”, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini». È un’espressione bella e impegnativa, che possiamo fare nostra, tutti noi battezzati/e. Significa ascoltare la gente, stare con la gente nel quotidiano, in ogni periferia geografica ed esistenziale. La gente si rende conto quando le siamo vicini, quando ci interessiamo a lei, quando l’incontriamo nelle realtà di ogni giorno, nelle pene e nelle gioie, nelle sofferenze e nelle speranze. Quando la conosciamo un po’ di più, ovvero quando l’amiamo un po’ di più.
«Tutte le cose sono belle in sé, e più belle ancora diventano quando l’uomo le apprende. La conoscenza è vita con le ali» (Khalil Gibran).
Flavio Facchin omi