«Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato all’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia» (EG 27).
Anche la Chiesa è un luogo di missione, anche lei è chiamata a rinnovarsi continuamente per essere missionaria, che è il suo essere e il suo fine sia perché Dio Trinità è missione sia per non correre il rischio di essere “Chiesa di sacrestia” ed autoreferenziale. Potremmo dire che soprattutto la Chiesa è chiamata alla conversione missionaria. La Chiesa evangelizza, ma la sua opera missionaria domanda di saper abbandonare i criteri del «si è sempre fatto così» per lasciarsi ispirare dalla freschezza del Vangelo che rinnova le cose e la storia, che apre nuove strade e nuovi metodi missionari. Non ci sono solo una dottrina o una morale o dei riti da seguire, ma soprattutto l’incontro e la vita con Gesù Cristo. È l’appello ad uscire dalle nostre comodità, è il coraggio di lasciarci interpellare sulla valenza missionaria che c’è in noi stessi, figli della Chiesa e quindi noi stessi Chiesa. Le nostre abitudini e le nostre strutture ecclesiali hanno bisogno di riforme e tale rinnovamento può scaturire proprio dal coltivare e condividere uno stato permanente di missione. Potremmo dire che la conversione e la missione rinnovano la Chiesa, il suo modo di essere e di agire. Per dirla con papa Francesco: o la Chiesa è missione o non è Chiesa perché la missione è la natura stessa della Chiesa. La Chiesa è luogo di missione per riproporre sempre a sé stessa un ritorno alla centralità di Gesù Cristo. Ci rendiamo conto di quante strutture obsolete ci siano, di come si corra il rischio di non vivere più l’amicizia fraterna, di come ci si disimpegni a una pastorale missionaria. Noi osiamo sognare una Chiesa che ha il coraggio di guardarsi, che sa interrogarsi e fare i conti con i propri errori, che sa essere trasparente e semplice, che sa farsi vicina alla gente, che afferma il proprio amore al Signore e il proprio impegno e servizio per ogni uomo e ogni donna.
Flavio Facchin omi