Li chiama sogni, e ne ha fatti quattro per l’esortazione apostolica «Querida Amazonia». È stato definito un documento ecologico, ma è anche un documento sociale, per l’uomo. «Querida Amazonia» è stata scritta non solo per l’Amazzonia, ma anche, recita il titolo: «al Popolo di Dio e a tutte le persone di buona volontà». Ovvero, per tutta l’umanità. Noi, nessuno escluso. Il contenuto è formulato in quattro grandi sogni che l’Amazzonia ispira e che, in fin dei conti, possono essere sintetizzati come un unico grande sogno, quello di una Chiesa missionaria in quel contesto dell’America Latina, ma da attualizzare in ogni luogo dell’umanità. I sogni riguardano quattro ambiti: sociale, culturale, ecologico ed ecclesiale.
Il primo sogno: una vita sociale oltre l’ingiustizia dove i poveri sono al centro del nostro cuore.
«Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità promossa» (QA, 7). Non possiamo non ascoltare il grido dei poveri, di più: l’invito è che la Chiesa sia capace di indignarsi per tutte le ingiustizie che continuano a perpetrarsi ai danni dei poveri in ogni paese, consapevoli che la crisi ecologica viene pagata prima di chiunque altro dai poveri. «Non è sano che ci abituiamo al male, non ci fa bene permettere che ci anestetizzino la coscienza sociale». È un grido profetico. Ma non basta, perché è tempo di solidarietà verso i poveri. Rispondere al loro grido fa parte della missione della Chiesa, anche questo fa parte della nostra missione. Alle operazioni economiche, nazionali ed internazionali, che distruggono l’Amazzonia e la Terra, «e non rispettano il diritto dei popoli originari al territorio e alla sua demarcazione, all’autodeterminazione e al previo consenso», papa Francesco da «il nome che a loro spetta: ingiustizia e crimine». E per queste ingiustizie bisogna «indignarsi e chiedere perdono… come si indignava Gesù davanti all’ingiustizia». E afferma come invece sia «sempre possibile superare le diverse mentalità coloniali per costruire reti di solidarietà e di sviluppo». L’invito è di cercare alternative nella corsa allo sviluppo che non comporti distruzione dell’ambiente, delle culture, dell’uomo. Ormai sono decenni che ci troviamo di fronte al dramma di un pianeta in continuo degrado e alla vita di uomini e donne minata nei loro valori fondamentali. Ora più che mai «la Chiesa è chiamata ad ascoltare le grida dei popoli amazzonici per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico», con l’impegno di denunciare le Istituzioni degradate ed avviare un dialogo sociale alla pari, partendo dagli ultimi e facendo di essi i protagonisti della loro terra, della loro vita. È un grande sogno sociale, un sogno di diritti per i poveri. I poveri siano ascoltati sulla loro vita e sul loro futuro. Serve l’impegno di tutti: dei leader politici, della Chiesa, nostro. È un messaggio scomodo perché è evangelico. E il Vangelo parla a tutti, parla anche ai popoli del sud del mondo, e il sud del mondo oggi è il baricentro della Chiesa. L’indignazione e l’impegno devono manifestarsi e farsi responsabilità: in Amazzonia si concentra il 20% dell’acqua dolce non gelata della terra; qui si trova il 30% dei boschi primari della terra, che a loro volta ospitano il 30 e il 40% della flora e della fauna del mondo. È la nostra Terra, ci riguarda da vicino. Perché «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (Laudato Sì, 139). È necessario cercare soluzioni integrali, che considerino la reciprocità fra natura e umanità. La crisi ecologica la crisi sociale sono due facce della stessa medaglia. Tutto è in relazione, tutto è collegato, tutto è connesso: è il ritornello della Laudato Sì. «Non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (Laudato Sì, 49). Di tutto questo anche noi dobbiamo esserne protagonisti: le nostre azioni «nell’evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via» (Laudato Sì, 211). Siamo convinti che queste azioni non sono solo un impegno ecologico, ma un impegno che esprimono la nostra responsabilità e la nostra preoccupazione per il bene della Terra e dell’Uomo. «La nostra missione è quella di andare prima di tutto verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza che solo Cristo può dare pienamente. Sono i poveri dai molteplici volti. Noi diamo loro la preferenza» (CC/RR OMI, 5).
Flavio FonNdem