Bangkok 7 aprile 2017
Carissimi tutti,
la Settimana Santa è alle porte e la Pasqua è vicina. Come passa il tempo e quante sorprese ci riserva il suo scorrere lento, ma inesorabile. Noi qui alla parrocchia di Saint Michael ci prepariamo ad accogliere il Signore risorto con un lungo campo catechetico per ragazzi. É uno dei momenti più belli dell’anno. I ragazzi arrivano alla mattina presto, mentre noi stiamo ancora pregando, e la giornata si accende immediatamente. Subito iniziano a giocare senza fare troppo rumore perchè non vogliono disturbare, poi il vocio cresce mano a mano che la giornata avanza e il clima di gioia, che una ottantina di ragazzini crea, è straordinario.
Alle otto e trenta inizia il catechismo, un break alle dieci e di nuovo in classe. Pranzo insieme e poi attività fino alle tre e mezza. Dopo averli accompagnati a casa, alla parrocchia ritorna la consueta quiete.
In questo grande gruppo di ragazzi non ci sono soltanto Thai, ma anche Hmong Vietnamiti e solo un occhio abituato alle piccole differenze si accorge di quanto sono diversi. Ho deciso di chiamare questo campo interculturale perchè mi sembra importante che i nostri ragazzini si abituino ad accogliersi, a volersi bene, a costruire relazioni nuove. So che è difficile l’integrazione, lo vedo tutti i giorni, ma riserva belle sorprese. È vero che sono bambini, è vero che sono semplici, ma anche loro fanno fatica ad accogliere chi parla una lingua diversa, chi è di uno stato sociale diverso, chi ha usi e costumi non famigliari. Al campo catechetico, dunque, non si studia esclusivamente catechismo, ma si vive un’esperienza a tutto campo che sfida l’umanità di questi ragazzi e impone loro di uscire da se stessi per accogliere l’altro. Non trovate che questo sia anche il messaggio della Pasqua? Io credo di si!
Accettare la fatica di creare una relazione con chi è diverso è una sofferenza che fa di noi una umanità nuova, più aperta, più disponibile, più matura. Questi ragazzini hanno accettato la sfida perchè vengono con entusiasmo, puntuali, ogni mattina, e pronti per una nuova giornata.
Come sapete ancora lavoro con i rifugiati, specialmente pakistani, e con loro siamo proprio dentro la settimana di passione. La situazione a Bangkok è molto difficile e questi “poveri cristi” non riescono a trovare pace, molti di loro sono in prigione ormai da qualche anno e la vita diventa sempre più complicata. Noi li aiutiamo come possiamo, ma le nostre risorse sono limitate e non riusciamo a far fronte alle loro necessità. È triste vedere un padre che viene a chiedermi una lettera di raccomandazione per una parrocchia del Canada mentre tutta la sua famiglia – moglie e cinque figli – è in prigione da quasi due anni. L’ultima volta che l’ho incontrato era preoccupatissimo perchè il figlio di sei anni era stato trasferito dalla cella delle donne, dove stava con la madre, a quella degli uomini. Certo queste persone vivono nella settimana di passione e con Cristo condividono la sofferenza che viene dalla mancanza di umanità di tanta gente.
Infine una notizia che voglio condividere con voi perché anche voi possiate seguirmi in un nuovo passo della mia esperienza missionaria. All’inizio di maggio mi sposterò nella mia nuova parrocchia. Quando ho ricevuto l’obbedienza sono andato a verificare la locazione su Google, ma purtroppo anche questo potente mezzo ignora la presenza del villaggio dove sono stato destinato. La nuova comunità che dovrò servire è situata in un piccolo villaggio tra le montagne del Nord della Tailandia, a circa 1400 metri sul livello del mare. Mankhaw, questo è il nome del villaggio che non compare in nessuna carta geografica perchè si trova nella foresta ed ha solo qualche centinaio di anime. Nella stagione delle piogge, che inizierà tra poco, non è quasi accessibile perchè la strada è impraticabile. Il tentativo di sfidare le intemperie potrebbe costare un bel volo a ruzzoloni fino in fondo alla valle. Il mio nuovo impegno è lo stereotipo della missione che tutti abbiamo in mente: il missionario vive in mezzo alla gente in una specie di capanna di legno, beve acqua piovana e condivide la vita degli abitanti del villaggio. Chiama tutti a raccolta per la messa battendo su un cerchione di una ruota di auto e mangia di quello che trova nella foresta.
Certo è una sfida, la solita sfida della fede. Il risultato del lavoro missionario, in questo villaggio, sarà sempre esiguo perchè la gente è troppo occupata a cercare di sopravvivere per fermarsi e studiare catechismo, è troppo stanca per concentrarsi sulla vita spirituale e, quando scende la sera, la luce è troppo fioca e le strade troppo piene di fango per andare in chiesa. Ma Dio trova sempre mezzi per costruire il suo Regno e, forse, ha solo bisogno di qualcuno che si occupi di quella comunità come segno che non si dementica della loro fatica, della loro povertà, della loro quotidiana sofferenza. Non importa se il nome del loro villaggio non appare nei grandi motori di ricerca, non importa se la loro esistenza passerà totalmente inosservata e il loro nome non sarà nemmeno scritto nell’anagrafe del comune; Dio si ricorda di loro perchè li ama e per questo manda me a stare con loro.
Il 3 di maggio raggiungerò il villaggio ed inizierà per me una nuova avventura che non so dove mi condurrà. Ho bisogno della vostra preghiera per essere fedele alla mia vocazione e vivere nella gioia questo mio nuovo impegno.
Buona Pasqua!
p. Domenico Rodighiero omi