Le prime parole della Scrittura affermano che il cielo, la terra e quanto essi contengono sono stati creati da Dio: «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gen 1, 1). Durante i giorni della creazione viene ripetuto più volte: «Dio vide che era cosa buona». Alla Parola creatrice di Dio segue la consegna del creato all’uomo, che ne riceve la cura: «In qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome» (Gen 2, 19). Certo «la terra è del Signore» (Sal 24, 1) ed è con un atto di fiducia che il Signore ne assegna la custodia all’uomo. Nella bellezza del creato l’uomo può vedere la bellezza di Dio e percepirne la presenza. La fedeltà di Dio sarà più forte delle infedeltà dell’uomo, così che anche la natura ne potrà trarre beneficio: «Io sarò come rugiada per Israele, esso fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo» (Os 14, 6-7). La gioia messianica della venuta del Cristo viene espressa attraverso le immagini della creazione riconciliata con l’uomo: «Il lupo dimorerà con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto» (Is 11, 6).
Gesù, nell’annuncio del Regno, ricorre spesso a immagini tratte dalla natura (deserto, mare, acqua, montagne, campi, fiumi, piante, il granello di senape, la vigna, i fiori dei campi e i fili d’erba, il pastore, il seminatore, il contadino… ) e parla di sé stesso dicendo: «Io sono la vite e voi i tralci» (Gv 15, 5) e «se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24). Con ammirazione esalta il creato e le sue creature: «Guardate gli uccelli del cielo… Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano, eppure io vi dico che neppure Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6, 26. 28-29). Gesù, entrato nella storia come «primogenito di tutto il creato, perché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle dei cieli come quelle della terra, quelle visibili come quelle invisibili» (Col 1, 15-16) realizza la nuova creazione.
Artisti, poeti, scrittori e santi hanno cantato le meraviglie della terra. Il Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, inno alla bellezza del creato, ci invita a lodare il Signore che fa belle tutte le cose e a riconoscere che la creazione è una cosa buona perché viene da Dio. È un insegnamento anche per noi oggi perché noi e il creato siamo creature fragili e perciò dobbiamo avere cura di noi stessi e della natura.Da un po’ di anni constatiamo con preoccupazione che stiamo rovinando gli equilibri della natura e, per correre ai ripari, cominciamo a dare valore alla questione ambientale, alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia del creato. L’uomo «ha voluto spingere al massimo lo sfruttamento delle risorse, incurante delle conseguenze disastrose che ne sarebbero derivate… l’inquinamento generale del mare e della terra e dei suoi prodotti diventa frutto dell’ingordigia umana e della sua empietà» (Antonio Quacquarelli). Augurandoci che non si avveri la profezia di Albert Schweitzer (Nobel per la pace nel 1952): «L’uomo ha perduto la capacità di prevenire e prevedere. Andrà a finire che distruggerà la Terra».
Più che mai sentiamo l’importanza di operare per un’ecologia integrale, in cui la salvaguardia del creato, la preoccupazione per i poveri, la giustizia per una distribuzione equa dei beni e un buon utilizzo delle risorse risultano essere problematiche inseparabili. Abbiamo inquinato l’aria, l’acqua e la terra. Stiamo causando danni incalcolabili: inquinamento atmosferico, cambiamento climatico, innalzamento delle temperature, caldo anomalo, fenomeni estremi, siccità, desertificazione, deforestazione, scioglimento dei ghiacciai, inondazioni, dissesto idrogeologico, scarsità di piogge e penuria d’acqua, inquinamento del mare e della terra con rifiuti e plastiche di ogni genere. È in atto uno squilibrio ecologico globale causato dal riscaldamento del pianeta e di conseguenza sono in corso scompensi allarmanti degli equilibri meteorologici e della biodiversità vegetale e animale. Numerose specie del mondo animale e vegetale sono in via di estinzione, molte sono già scomparse. Inoltre questi squilibri provocano migrazioni di persone alla ricerca di terre da coltivare, di acqua per l’uso domestico e per le coltivazioni. Li chiamiamo migranti climatici! Sappiamo che ci sono conflitti causati dalla corsa alle risorse della terra, fra cui l’acqua. L’uomo è fra le cause del cambiamento climatico: nel nome del massimo profitto possibile dalla terra e dalle sue risorse non si è pensato alla tutela dell’ambiente. È come se stessimo trasformando il pianeta in una grande discarica. Necessita un impegno di missione per una transizione ecologica e culturale capace di promuovere altri modelli economici, di società e di stili di vita in cui l’uomo e le sue attività siano in equilibrio con la natura.
«L’agire umano ha manipolato il destino del pianeta, modificandone l’aspetto e portando disequilibri alla vita, e probabilmente alla sopravvivenza delle creature che lo abitano. È tempo di unire le forze, di andare oltre l’indifferenza e l’egoismo. Diventa urgente la conversione ecologica che non è solo un cambiamento di ciascuno, ma è un atto generativo. Significa fare scelte e progetti che tengano conto dell’altro, dell’ambiente che ci circonda e dei suoi limiti. Gli impoveriti e gli emarginati della globalizzazione sono più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici, eppure, nonostante la loro mancanza di rappresentazione, portano con sé un grido che non possiamo ignorare. È imperativo immaginare ora il nostro futuro attraverso una conversione ecologica in cui l’esistenza di ogni essere umano è intrecciata con il pianeta e chiamata a essere in equilibrio con esso, senza volontà di dominio. Si tratta di una chiamata a riscrivere le regole del nostro rapporto con l’ambiente, adottando pratiche sostenibili e a riconoscere il valore intrinseco di ogni forma di vita» (https://www.arenadipace.it/wp-content/uploads/sites/4/2024/04/Manifesto-Tavolo-Ecologia-Integrale-e-Nuovi-Stili-di-Vita-1.pdf – Arena di pace 2024 – Manifesto del Tavolo “Ecologia Integrale e Nuovi Stili di Vita”).
Cosa fare? Papa Francesco ha scritto due documenti sulla salvaguardia del creato: la lettera enciclica Laudato si’ nel 2015 sulla cura della casa comune che è la terra (preoccupazione per la natura, attenzione ed equità verso i poveri, interconnessione tra crisi ambientale della terra e crisi sociali dell’umanità, necessità di “un’ecologia integrale”) e l’esortazione apostolica Laudate Deum nel 2023 sulla crisi climatica (un aggiornamento della Laudato si’ e un nuovo richiamo a creare una cultura basata sul rispetto dell’ambiente e la riduzione dell’inquinamento). «Con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura» e «non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti» (Laudate Deum, 2). Ancora: «Il cambiamento climatico è una delle principali sfide che la società e la comunità globale devono affrontare. Gli effetti del cambiamento climatico sono subiti dalle persone più vulnerabili… “Gli attacchi alla natura hanno conseguenze sulla vita dei popoli”» (Laudate Deum, 3). Francesco sostiene, a ragione, che l’attenzione e la cura per l’ambiente sono una responsabilità di tutti, indipendentemente dalla fede professata, e che è necessaria una conversione ecologica che implichi cambiamenti profondi nelle scelte politiche e nei comportamenti per promuovere stili di vita sostenibili e rispettosi dell’ambiente. «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?… Occorre rendersi conto che quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi. Siamo noi i primi interessati a trasmettere un pianeta abitabile per l’umanità che verrà dopo di noi» (Laudato si’, 160).
E io, noi: cosa possiamo fare? Innanzitutto, sentire e coltivare il senso di responsabilità verso il creato. Sarà difficile bloccare le conseguenze dei danni enormi che abbiamo causato e forse siamo appena in tempo i per evitare danni ancora più drammatici. Ci vogliono azioni globali e importanti da parte degli Stati, delle multinazionali e dei potenti della terra per ridurre le emissioni di sostanze inquinanti, per la pulizia dei mari e delle acque, per lo smaltimento delle tonnellate di rifiuti che produciamo, per il finanziamento delle energie rinnovabili, per il supporto ai Paesi in via di sviluppo. Anche noi, però, possiamo e dobbiamo sentire nostra la missione di salvaguardare i beni della terra e dell’umanità. Anche noi dobbiamo agire per salvare la natura, l’aria, l’acqua, quanto fa parte del creato: è una mia responsabilità, per il poco che posso fare. «È quindi urgente una visione più ampia, che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso, ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare. Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo» (Laudate Deum, 18). La responsabilità alla quale dobbiamo educarci di fronte alla salvaguardia del creato «implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo… non solo in relazione agli altri esseri umani, ma anche in relazione agli altri esseri viventi» (Laudato si’, 68). La terra è un patrimonio di tutta l’umanità e una responsabilità di tutti. Cosa significa “non rubare” quando una piccola percentuale della popolazione mondiale consuma una quantità di risorse tale da togliere ai poveri ciò di cui hanno bisogno per vivere, spesso per sopravvivere? Anche per questo verrebbe da chiedersi: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4, 9). La nostra risposta non può essere che sì! «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrato per combattere la povertà, per restituire dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (Laudato si’, 139).
Poi, avere a cuore l’umanità e i poveri. Il deterioramento dell’ambiente porta al degrado dell’uomo. La cura per l’ambiente va di pari passo con la cura per l’umanità: il degrado del creato, infatti, colpisce in modo particolare i più poveri, gli esclusi, i senza voce della terra. «L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme… Per esempio, l’esaurimento delle riserve ittiche penalizza specialmente coloro che vivono della pesca artigianale e non hanno come sostituirla, l’inquinamento dell’acqua colpisce in particolare i più poveri… l’innalzamento del livello del mare colpisce principalmente le popolazioni costiere impoverite che non hanno dove trasferirsi. L’impatto degli squilibri attuali si manifesta anche nella morte prematura di molti poveri, nei conflitti generati dalla mancanza di risorse e in tanti altri problemi che non trovano spazio sufficiente nelle agende del mondo» (Laudato si’, 48). Spesso non conosciamo i problemi dei poveri. Eppure, sono uomini e donne che formano la maggior parte della popolazione della terra. Sì, sono menzionati nei dibattiti politici ed economici, ma i loro problemi figurano spesso all’ultimo posto delle agende. Pochi sono a conoscenza di quanta gente vive (e in quali condizioni) in villaggi poveri, in zone semidesertiche, in foreste, nelle bidonvilles, favelas, banlieues, barrios delle grandi città, obbligata a percorrere distanze rilevanti per rifornirsi d’acqua, costretta a vivere nella precarietà alimentare, senza servizi di base, esposta a malattie e insicurezze di ogni genere. Ciò è dovuto anche al fatto che tanti «opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere sono ubicati lontani da loro, in aree urbane isolate, senza contatto diretto con i loro problemi. Vivono e riflettono a partire dalla comodità di uno sviluppo e di una qualità di vita che non sono alla portata della maggior parte della popolazione mondiale… Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (Laudato si’, 49).
Ancora: creare nuovi stili di vita. Per la salvaguardia del creato e per il bene dell’umanità papa Francesco propone una conversione ecologica partendo da importanti cambiamenti dei nostri stili di vita per rispettare la terra e le sue risorse. «Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione» (Laudato si’, 202). È urgente proporre e attuare stili di vita sostenibili perché non tutto è perduto. «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (Laudato si’, 13). Si tratta di educarci alla consapevolezza che abitiamo una Casa Comune che è la nostra terra, affidataci da Dio e della quale dobbiamo prenderci cura. Occorre renderci conto che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che siamo responsabili gli uni degli altri e del creato. La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini.
Infine, educare alla responsabilità ambientale. È importante l’educazione non solo delle nuove generazioni, ma di tutti noi, per usare in modo diverso le risorse di questo mondo. «L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via. Tutto ciò fa parte di una creatività generosa e dignitosa, che mostra il meglio dell’essere umano. Riutilizzare qualcosa invece di disfarsene rapidamente, partendo da motivazioni profonde, può essere un atto di amore che esprime la nostra dignità» (Laudato si’, 211). Queste azioni cambieranno di poco il mondo, però sono importanti per diffondere nuove mentalità e nuove attenzioni, perché «l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce ad una maggiore profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo» (Laudato si’, 212). Quali gli ambiti educativi? Tutti: la scuola, gli ambienti di lavoro, i mezzi di comunicazione, la catechesi; in particolare l’educazione scolastica e la famiglia che «costituisce la sede della cultura della vita» (San Giovanni Paolo II, Centesimus Annus, 39). Nella famiglia, infatti, si coltivano le prime abitudini di amore e cura per la vita «come, per esempio, l’uso corretto delle cose, l’ordine e la pulizia, il rispetto per l’ecosistema locale e la protezione di tutte le creature. La famiglia è il luogo della formazione integrale, dove si dispiegano i diversi aspetti, intimamente relazionati tra loro, della maturazione personale» (Laudato si’, 213). Gli sforzi educativi competono alle forze politiche e amministrative, come pure alla Chiesa e alle comunità cristiane.
Siamo custodi della terra e dell’umanità. È impossibile offrire soluzioni, ma è importante creare una presa di coscienza che bisogna fare qualcosa, che bisogna agire al più presto. Tutti, ad ogni livello di competenza. Insieme, tutti insieme «ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata… Insieme a tutte le creature, camminiamo su questa terra cercando Dio, perché “se il mondo ha un principio ed è stato creato, cerca chi lo ha creato, cerca chi gli ha dato inizio, colui che è il suo Creatore”… Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza» (Laudato si’, 244). Custodire significa vigilare, proteggere, curare, preservare, conservare. La custodia del creato e dell’umanità riguarda tutti. «Siate custodi dei doni di Dio! E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità,… quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce… Siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!… Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza» (Papa Francesco, 19 marzo 2013).
Flavio Facchin omi