Padre Jeikov è un giovane oblato venezuelano che è stato ordinato sacerdote il 21 gennaio 2023. Ha seguito il percorso formativo e gli studi in Guatemala e a Roma. Vive e opera come Missionario Oblato di Maria Immacolata nella sua terra natale, a Palo Gordo (Venezuela) insieme ad altri tre Oblati.
Jeikov, come vivi il tuo “essere missione” in quanto missionario oblato fra la tua gente?
Il Vangelo stesso dice che è complicato essere profeti nella propria patria quindi… non è semplice. L’essere missione o cercare di essere una Chiesa in uscita, come dice papa Francesco, è una sfida impegnativa ma entusiasmante. In effetti, ci è innanzitutto chiesto di uscire da sé stessi e questo vuol dire che con la gente che incontro non devo presentare me stesso, ma un Altro. Certo, non è facile in questo mondo nel quale viviamo. Dico spesso ai catechisti parrocchiali che preparano i ragazzi al sacramento della Cresima che un obiettivo di questo sacramento è che i ragazzi possano fare l’esperienza di Dio. E ai catechisti dico: la tua missione di catechista, è una tua missione o ti senti missione perché sei in Dio e cerchi di donare Dio? Sento che la missione che mi è chiesta da Dio non è una cosa mia, ma di un Altro: è la missione stessa di Dio. Io provo, e non so se ci riesco, a vivere questa missione facendo tutto quello che posso fare, impegnando tutto me stesso. La missione, per me come per ogni battezzato, è una sfida affinché le persone, vedendo noi, possano vedere Gesù. È come se Cristo fosse il tronco di un albero, un tronco pieno di vita ma che non si vede perché ricoperto di tante foglie che siamo noi. Se togliamo le foglie possiamo vedere il tronco dell’albero, e quindi Gesù stesso.
Cosa ritieni importante del tuo essere sacerdote missionario?
Per me un aspetto importante della mia vita missionaria è la vita della mia Comunità. Spesso penso che la nostra comunità dovrebbe essere la comunità dei discepoli di Gesù. Al di là di momenti che possono essere difficili, sento che è bello che i fratelli si ritrovino insieme e vivano insieme con Gesù che ci unisce e che opera attraverso di noi.
Puoi dirci una tua parola chiave per la tua vita?
C’è una parola che uso spesso ed è la parola “eccellenza”, nel senso di voler fare le cose bene. L’eccellenza è fare quello che devo fare e cercare di farlo bene. Come dice Sant’Eugenio, il fondatore della nostra Congregazione: “non bisogna lasciare niente di intentato”. Bisogna mettercela tutta! Non è un qualcosa di elitario, come la parola potrebbe anche indicare, ma un tentare di uscire dalla mia zona di comfort per fare del bene, per farlo bene. Qualcun altro potrebbe dire di fare le cose per amore, con passione, di dare il meglio di sé stessi. Ai catechisti dico spesso che i ragazzi che si preparano a ricevere la Cresima devono fare un’esperienza di Gesù, devono pregare il patrono della nostra parrocchia che è dedicata a “Gesù Nazareno”, devono “essere eccellenza”, cioè di vivere bene senza lasciare nulla di intentato e impegnandosi per questo.
Jeikov, vorresti dire ancora una parola ai nostri lettori?
Vorrei augurare a ciascuno di essere semplici. Mi sembra che la semplicità sia una cosa fondamentale del Vangelo. Essere semplici e restare saldi nella propria fede, cioè restare saldi in Gesù che è il nostro Salvatore. La cosa importante è che Gesù è venuto per me, per tutti noi, per ciascuno di noi. Gesù è importante, è la nostra Vita. Talvolta le mie cose o i miei pensieri rischiano di essere più importanti. Invece è Gesù che deve essere al centro dei miei pensieri, della mia vita. Perché, poi, viviamo di Gesù ed è Lui che desideriamo donare all’umanità.
A cura di Flavio Facchin omi