Stefano Tasca, Missionario Oblato di Maria Immacolata, è originario di Aosta. Dopo aver lavorato molti anni nell’attività commerciale turistica, è entrato nel seminario diocesano di Aosta e poi nella congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Stefano è in partenza per la missione nella Delegazione del Senegal – Guinea Bissau.
Stefano, stai partendo per il Senegal. Cos’è per te la missione?
La missione per me è un incontro quotidiano con Cristo Gesù. La missione è trovare Cristo nei volti delle persone che incontro, gli ultimi, quelli che la nostra società occidentale lascia agli ultimi posti. Essere in missione è condividere la mia vita con loro, stare con loro ogni giorno per aiutarli e per volergli bene. Quest’esperienza di incontro e condivisione mi riempie il cuore di gioia, riempie la mia vita di quel bisogno d’infinito che ho nel cuore. Posso solo dire che la missione è bellissima e dà senso alla mia vita.
Sei già stato in Senegal e in Guinea Bissau, cos’ha lasciato in te quest’esperienza?
Nelle missioni in cui sono stato, in Brasile a Corumbà nella regione del Pantanal, in Senegal nella periferia di Dakar e in Guinea Bissau a Farim ho sempre percepito in modo chiaro la presenza di Cristo Gesù e della verità che ci parla nel Vangelo. Tanti passi della Bibbia mi hanno accompagnato in missione, ma uno in particolare, il vangelo di Matteo al capitolo 25 «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mia avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mia avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi… tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Qual è il tuo sogno di missione?
La missione è già il mio sogno, è quella cosa che Cristo ha pensato per me, per la mia felicità. La missione è quella cosa per cui vale la pena spendere la mia vita, che realizza la mia vita a pieno e la rende bella, completa e felice.
Cosa ti piace di più della tua vita intesa come una vita missionaria?
L’unico motivo per cui sono missionario è Cristo Gesù che si fa presente in modo particolare e immediato nei poveri, in questa gente considerata gli ultimi dalla società occidentale. Cristo è in queste persone che incontro ogni giorno e nei loro volti vedo lo sguardo del mio Dio. In quei bambini, in quella gente ci sono i miei fratelli che hanno bisogno di aiuto e la gioia di restare ad aiutarli, anche se è una piccola goccia in un mare di necessità, la felicità di essere lì con loro è così forte che è difficile spiegare le emozioni che si provano. Cristo, che 2000 anni fa, ha deciso di farsi uomo nascendo povero in una mangiatoia, è presente in missione nell’eucarestia e negli uomini e donne che incontro ogni giorno. Negli occhi, nel sorriso di queste persone, soprattutto nei più piccoli, è per me l’esperienza di essere vicino a Cristo Gesù.
Puoi dirci qualche parola chiave del tuo vivere la missione?
La parola chiave del mio vivere in missione è «poveri». Aiutare i poveri, gli ultimi, per restituire ciò che altri, o magari noi stessi, abbiamo inavvertitamente o volontariamente sottratto loro. Fare questo è missione e significa mettersi in gioco, richiede atti di amore continuamente, esige rinunciare a se stessi stando al fianco dei più deboli, facendosi umili. La carità che Gesù ci insegna è il suo esempio, Lui è venuto non per essere servito ma per servire e la gioia di questo insegnamento, la strada della povertà, del servizio e del sacrificio è testimonianza della carità di Cristo.
Che messaggio vorresti trasmettere ai nostri lettori?
Per quelli che sentono il desiderio di fare questa scelta o anche solamente per chi sente il desiderio di fare una breve esperienza missionaria, li invito a non avere paura e partire perché la missione è bellissima. È bellissimo dare la propria vita per Cristo in missione e avere la possibilità di incontrarlo in questi nostri fratelli preziosi agli occhi di Dio.
A cura di Flavio Facchin omi