Vedere è un verbo che ricorre molte volte nelle pagine della Scrittura: da quel «e Dio vide che era cosa buona» della creazione al «videro la tomba vuota» e «videro il Risorto» delle donne e dei discepoli il mattino di Pasqua. Nei nostri cammini di missione il nostro impegno è spesso questione di sguardi: sguardi rivolti verso di noi e sguardi che noi stessi posiamo sugli altri. Sentiamo l’importanza di essere visti dagli altri, perché così ci sentiamo considerati. Questo vale anche per gli altri quando noi li guardiamo, perché in questo modo si sentono apprezzati e stimati. Non è quello che guardiamo che conta, ma quello che riusciamo a vedere. Attraverso il nostro sguardo veniamo a conoscenza del mondo, dell’umanità, di cosa e di chi sta intorno a noi. Anche la storia di Dio con l’umanità è fatta di sguardi.
Viviamo tempi difficili, per questo abbiamo bisogno di sguardi nuovi, sinceri, inediti, che ci aiutino a leggere e a vivere il nostro tempo.
Nelle Scritture si racconta che Salomone, al momento della sua incoronazione a re d’Israele, abbia chiesto il dono della sapienza. La sapienza è la grazia di saper vedere la realtà nella quale viviamo con gli occhi di Dio. Questo ci aiuta a guardare il mondo con sguardi di attenzione e di affetto, ma dobbiamo ammettere che altre volte i nostri sono sguardi di indifferenza, se non di invidie, rancori, risentimenti. Se sappiamo vedere le cose e la gente con gli occhi di Dio, possiamo anche amare con il cuore di Dio.
Insieme all’ascolto, il vedere è un’altra dimensione importante della missionarietà. Non solo con l’ascolto, ma anche con lo sguardo noi entriamo in relazione con il mondo e con gli altri. Il vedere genera conoscenza delle cose, delle persone. Occorre «saper vedere» e «imparare a vedere» per entrare in relazione con gli altri. Possiamo avere sguardi che sono delle carezze o sguardi che feriscono, sguardi che infondono fiducia e sicurezza o sguardi che incutono timore e paura. Con lo sguardo possiamo esprimerci ancor prima delle parole.
«Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite» (Mc 8,18). I Vangeli ci narrano parecchie volte il vedere di Gesù: fissava lo sguardo su qualcuno, si guardava intorno, vedeva e osservava. Gesù ha sguardi che chiamano alla sequela, altri che sono rivolti all’umanità che ha bisogno di essere vista nella sua realtà, spesso di sofferenza, di solitudine, di indifferenza. Gli sguardi di Gesù sono spesso carichi di compassione e ricchi di misericordia.
Quante volte vediamo solo gli aspetti esteriori delle cose e delle persone. C’è bisogno di vedere il cuore degli uomini, e questo porta all’incontro reciproco, a incontri di fraternità e di solidarietà. Saint-Exupery, nel suo libro «Il piccolo principe» afferma che «non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi». Vedere con il cuore è riconoscere gli altri come fratelli e sorelle, e ci invita a rinnovare il nostro modo di vedere le persone nelle loro necessità, nel bisogno che qualcuno si rallegri delle loro gioie e che si curi delle loro ferite. C’è bisogno di sguardi che possano vedere le condizioni dell’umanità, che sappiano condividere e che siano capaci di aver cura dell’umanità. C’è bisogno di occhi che sappiano vedere per farci prossimi, per entrare in relazione, per farci incontro, per amare. Come sarebbe il mondo se lo guardassimo con lo sguardo del Signore?
«Gesù si preoccupa di noi, ha premura per noi, vuole sfamare la nostra fame di vita, di amore di felicità. Negli occhi di Gesù vediamo lo sguardo di Dio: è uno sguardo attento, che si accorge di noi, che scruta le attese che portiamo nel cuore, che scorge la fatica, la stanchezza e la speranza con cui andiamo avanti» (papa Francesco).
È lo sguardo che vorremmo fare nostro: occhi attenti, colmi di tenerezza verso l’umanità e che sanno cogliere i bisogni di ciascuno.
Sguardi che aprono alla condivisione: «c’è bisogno di condividere il tesoro comune della vita, di sognare insieme, di superare i conflitti…» (papa Francesco). Questi sguardi lottano contro gli egoismi, le solitudini, le indifferenze,
Sguardi che si prendono cura: «un piccolo pezzo di pane può sembrare poca cosa, ma agli occhi di Dio niente deve essere scartato. A maggior ragione nessuno è da scartare».
Sguardi che ci aiutano, noi discepoli e missionari, a custodire tante vite, ad alleggerire problemi e difficoltà, a creare processi di convivialità fra gli uomini.
«Gli occhi sono capaci di guardare, ma non bastano per vedere: Plinio scriveva che si vede con la mente e non con l’occhio, e Saint-Exupery diceva che si vede bene solo con il cuore: guardare è facile, vedere è un arte» (Enzo Bianchi).
Flavio Facchin omi