Nelle pagine bibliche, l’ascolto ha un valore fondamentale: «Ascolta Israele, il Signore è il tuo Dio» (Dt 6,4). Gesù riprende queste parole rispondendo a chi gli chiedeva quale fosse il primo dei comandamenti (Mc 12,28-34). Spesso, nei nostri cammini di missione il primo passo è quello dell’ascolto. Dio parla a ciascuno di noi, a un popolo, alla Chiesa. Dio ha qualcosa da comunicare, da dirci e da darci: sé stesso.
L’evangelizzazione è fondata sulla Parola ascoltata, meditata, vissuta, celebrata, testimoniata e per questo «… è indispensabile che la Parola di Dio diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale» (EG 135).
La Chiesa parla e insegna, ma una Chiesa che sapesse solo parlare e insegnare e non ascoltasse le voci o le grida del mondo non può essere una Chiesa vicina a chi a lei si affida o a chi a lei chiede aiuto.
Il Signore parla all’umanità, ma sa anche ascoltare: «il Signore ha osservato la miseria del suo popolo e ascoltato il suo grido» (Es 3,7). E Gesù, quando si affianca ai discepoli di Emmaus, prima di prendere la parola li ascolta in tutto quello che hanno da dire, fino a quando si fermano con il volto triste e deluso.
La Scrittura ci offre immagini di un Dio che parla, ma che sa anche ascoltare quando siamo noi a pregare, parlare, protestare, gridare, e anche quando non abbiamo niente da dire… ascolta il nostro silenzio.
È nostro impegno, se vogliamo essere Chiesa che annuncia e vuole far incontrare il Dio di Gesù Cristo che ci parla e che ci ascolta, tendere l’orecchio verso Dio e verso il mondo che spesso ci provoca al dialogo e al confronto, o che spesso è indifferente e per questo a maggior ragione ci spinge al suo ascolto. Non abbiamo solo cose da insegnare, abbiamo anche la responsabilità di ascoltare un mondo che sta intorno a noi, non per dare risposte, ma per poter farci vicini e prossimi all’umanità di questo nostro tempo.
Facendo attenzione a chi ci parla, a come ascoltiamo, a cosa ascoltiamo, solo a partire da un ascolto attento e rispettoso, possiamo anche noi comunicare con quella «capacità del cuore che rende possibile la prossimità» (EG 171). Ascoltare è manifestare il bene che vogliamo a chi parla, ascoltare è…. «avere uno sguardo dolce» nei confronti di chi parla (Massimo il Confessore).
Spesso siamo travolti dalla fretta di dover sempre dire e fare qualcosa, ma bisogna anche sapersi fare ascolto. Non ascoltare è una delle difficoltà dei nostri tempi. Quanta fatica facciamo ad ascoltarci: in famiglia, a scuola, al lavoro, nella Chiesa.
Tante volte più che ascoltare, sentiamo. E sentiamo in maniera distratta; parole che scivolano via come gocce di pioggia su di noi. Eppure ogni persona porta in sé il bisogno di essere ascoltata.
L’ascolto vero domanda partecipazione, esige il coinvolgimento del nostro essere, necessita di tempo, pazienza, animo aperto.
Le nostre relazioni sono tessute di parole e di ascolto, altrimenti non ci sarebbero né comunicazione, né incontro, né relazioni. Ascoltare vuol dire farsi vicini ai bisogni dell’altro, ai suoi problemi, le sue esigenze, le sue fatiche, ma anche le sue conquiste e le sue gioie; ecco perché non basta sentire, ma è necessario ascoltare con tutto sé stesso per entrare nella vita dell’altro. «Il primo servizio che si deve agli altri consiste nel prestare loro ascolto» (Bonhoeffer). Verrebbe da dire: «Ascolta il prossimo tuo come te stesso»!
L’ascolto apre alla comunione, che può nascere se da parte nostra ci sono apertura, disponibilità, tempo dedicato al dialogo. Ascoltare senza avere fretta e donando il nostro tempo, che è fra le cose più preziose che abbiamo e che per questo diventa dono per chi ascoltiamo.
Ascoltare … è amare. Nell’ascolto si ama, specialmente nei confronti di chi è nella sofferenza, nella fatica, in un momento di crisi. Non saper ascoltare è amare poco.
Quante volte qualcuno mi ha chiesto di parlare e spesso ho solo ascoltato senza sapere cosa avrei potuto rispondere, per poi sentirmi dire: «Grazie per avermi ascoltato, ora posso andare»! Talvolta si trattava di uno sfogo, di aprire il proprio cuore, di sentirsi accolti e ascoltati.
Ci si rende conto che l’ascolto è fatto di attenzione, accoglienza, partecipazione, compassione, prendersi cura dell’altro. «Chiediamoci se siamo figli dell’ascolto, se troviamo tempo per la Parola di Dio, se diamo spazio e attenzione ai fratelli e alle sorelle. Se sappiamo ascoltare fino a che l’altro si possa esprimere fino alla fine, senza tagliare il suo discorso. Chi ascolta gli altri, sa ascoltare anche il Signore e viceversa. E sperimentiamo una cosa molto bella, cioè che il Signore stesso ci ascolta: ci ascolta quando lo preghiamo, quando ci confidiamo con Lui, quando lo invochiamo» (papa Francesco).
Ascoltare è una vera azione missionaria: attraverso l’ascolto, con «le orecchie del cuore» sempre aperte, noi manifestiamo che Gesù vuole raggiungere tutti. L’ascolto ci mette in relazione con noi stessi, con gli altri, con Dio. Un ascolto autentico è già annuncio della buona notizia del Vangelo, perché viene riconosciuto il valore dell’altro. L’ascolto è missione: ascolto della Parola e ascolto della vita, perché il Signore si lascia trovare e incontrare nel quotidiano delle nostre esistenze. La priorità dell’ascolto deve sempre essere riservata alla Parola e alle situazioni di povertà, le molteplici povertà nelle quali vive l’umanità.
Ciò che testimoniamo, ascoltando, è che Dio si fa incontro di salvezza. Ecco perché una Chiesa che ascolta, e che cerca di ascoltare bene, è una Chiesa che testimonia la bellezza della relazione di ascolto/amore con Gesù. Sentiamoci responsabili della qualità del nostro ascolto, consapevoli che un buon ascolto ha un solo scopo: Dio e il suo desiderio di amarci.
«Parlare è una necessità, ascoltare è un’arte», diceva Goethe.
Flavio Facchin omi