Siamo davvero tutti fratelli? La lettera enciclica di papa Francesco «Fratelli Tutti» racchiude una domanda importante per la Chiesa e per l’umanità, ma anche per ciascuno di noi: perché non pensarci tutti come «fratelli e sorelle»? Perché non sognare un mondo migliore nella convivialità delle culture, delle religioni, delle differenze di cui è composta la nostra umanità? Probabilmente questo è solo un sogno. Tuttavia papa Francesco stesso ci propone «una forma di vita dal sapore di Vangelo», una sfida da affrontare nel nostro tempo dove, oltre la perdita del senso di Dio, si sta perdendo anche il senso del prossimo. In fin dei conti, è il sogno del Vangelo. Tutto il documento di papa Francesco è impregnato da un’idea di fraternità che si fa carico dell’altro, sia in nome della responsabilità sociale, e quindi non solo individuale, sia in nome di un appello a tutte le religioni. È significativo che il fondamento biblico dell’enciclica sia la parabola del buon samaritano, che insegna a porsi la domanda, non chi sia il mio prossimo, ma: di chi io sono prossimo, di chi io mi faccio prossimo. E in questo c’è un concetto di «prossimità aperta» alla responsabilità che di fronte a qualsiasi persona non si possano chiudere gli occhi e passare oltre. Una «prossimità aperta» che ci ricorda che siamo tutti bisognosi di soccorso e allo stesso tempo soccorritori (come lo constatiamo con forza durante questo periodo difficile della pandemia). Come credenti veniamo soccorsi dalla grazia di Dio e noi stessi siamo invitati a diventare soccorritori nell’amore del prossimo. È lecito chiederci cosa succede al nostro modo di intendere la fraternità quando questa soccombe a una visione sempre più individualista della vita. È doveroso pensare che la proposta della fraternità diventi un impegno, una missione. Operare per la fraternità è missione. Costruire relazioni fraterne fa parte della nostra missione di battezzati e implica idee, lavoro, passione. Tessere relazioni di fraternità è una missione specifica della comunità ecclesiale in questo tempo. Già nel documento programmatico «Evangelii Gaudium» papa Francesco parlava dell’impegno alla fraternità: «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la «mistica» di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti…» (EG 87). Non lasciamoci rubare la fraternità dalle voci che alimentano le divisioni e la frammentazione, ma operiamo per una convivenza fraterna. Come Chiesa siamo un popolo in cammino, un popolo di pellegrini che cammina insieme ma che deve anche lottare perché quelli che sono rimasti indietro nel cammino diventino anche loro protagonisti della nostra storia composta da mille volti, culture, lingue e tradizioni.
E ancora: «…il modo di relazionarci con gli altri è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono» (EG 88).
Il compito affidatoci è quello di un impegno per una fraternità possibile. Abbiamo bisogno di famiglie, di parrocchie, di centri di incontro che siano luoghi di accoglienza, di scambio, di condivisione, di comunione, di partecipazione, di ospitalità. È una sfida per rinvigorire l’azione missionaria della Chiesa: credere nella fratellanza, crederci sul serio che «quando viviamo la mistica di avvicinarci agli altri con l’intento di cercare il loro bene, allarghiamo la nostra interiorità per ricevere i più bei regali del Signore» (EG 272). Se il nostro compito è quello di manifestare un mondo di fraternità che nasce dal nostro incontro con il Cristo e se il principale ostacolo è l’individualismo diffuso e triste che oggi domina, allora la missione dei cristiani deve partire dall’impegno di diventare sempre di più tessitori di fraternità. «Fratelli Tutti» è un invito alla speranza, un richiamo al sogno di un mondo fraterno e solidale, avendo visioni di grande portata «Beati quelli che sognano, porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato» (Helder Camara).
Flavio Facchin omi